Lazio, ora la festa poi il mercato

Lazio, ora la festa poi il mercato© Getty Images
Alberto Dalla Palma
5 min

I brividi, l’ansia, la paura, la traversa che diventa della Lazio quando De Ketelaere scarica l’ultimo sinistro e poi la festa, quella più attesa, quasi venti anni. Ottavi di Champions finalmente, un traguardo storico, inseguito, meritato non solo per quello che si è visto sul campo in un girone comunque competitivo ma soprattutto per il lavoro che è stato fatto dalla drammatica estate del 2004 fino a oggi, a traguardo raggiunto, seppure con un affanno ingiustificabile considerando che la squadra biancoceleste ha giocato con l’uomo in più quasi per un’ora. Ma nell’enciclopedia della Lazio non c’ è mai stata una conquista facile, un successo semplice, un colpo di fortuna improvviso, il destino che viene a prenderti per darti una mano. Anzi, capitolo dopo capitolo, nel racconto trovi sempre un imprevisto, qualcosa che gira storto, come se il ruolo di vittima le appartenesse di diritto.

Stavolta no, stavolta qualcuno ha dato una spinta alla Lazio, proprio negli ultimi secondi, quando la storia le aveva quasi sempre voltato le spalle ecco quel pallone che sbatte sulla traversa e salva un passaggio del turno che sembrava al sicuro dopo l’uno-due firmato da Correa e Immobile. La Lazio, in undici contro dieci, aveva ormai messo le mani sull’obiettivo che inseguiva da una vita: il passaggio del girone di Champions.

Lazio agli ottavi, non accadeva da vent'anni

Non le accadeva dai tempi del presidente Cragnotti, di Eriksson, di Veron, di Simeone, di Mancini, di Simone Inzaghi. Già di Inzaghino, autore di uno storico poker contro il Marsiglia nel Duemila: da quell’impresa a questa, covata nel tempo, sognata da una vita, raggiunta nonostante la paura gli avesse quasi tolto la voce. La svolta a poco più di un quarto d’ora dalla fine: il tecnico esenta dalla sfida, contemporaneamente, Immobile (che aveva appena sbagliato la più facile occasione del 3-1), Leiva e Luis Alberto.

Mezza Lazio, in pratica: dei colossi, confermato solo Milinkovic Savic e meno male. Gli ingressi di Escalante, Akpa Akpro e Caicedo (lui sì sempre sveglio e pronto quando viene chiamato in soccorso) hanno spento la Lazio. Un black out immediato. Il 2-2 del Bruges, facile facile, e la paura che il destino ancora una volta stesse per tradire i biancocelesti. Inzaghi ha provato in tutti i modi a dare una scossa alla squadra, ma il Bruges ormai aveva capito tutto, si è gettato nell’area di Reina sfiorando una clamorosa vittoria che, ovviamente, sarebbe entrata nella storia della Lazio. La paura, poi la festa: Inzaghi aveva quasi dominato il girone, conquistando punti anche con dodici giocatori a disposizione, in Belgio e in Russia, sarebbe stato un incubo retrocedere in Europa League e rinunciare ad altri 10 milioni che si aggiungeranno ai 35 già messi in cassa.

E nonostante le difficoltà provocate dal calcio ai tempi del Covid, dove i ricavi sono quasi svaniti, è da questo tesoro che la Lazio dovrà ripartire a gennaio, altrimenti rischia ancora una volta di rinunciare al salto di qualità. E’ evidente che la squadra ha bisogno di un rinforzo per una difesa a cui non basta più Acerbi, cioè il miglior centrale del campionato: dopo il fallimento di Vavro, la società aveva messo le mani su Kumbulla prima di spostare una cifra per lei inconsueta (18 milioni) su un attaccante come Muriqi, destinato a restare chissà per quanto tempo alle spalle di un Immobile infinito. Il recupero di Hoedt a costo zero e la sorprendente promozione di Patric non hanno migliorato il reparto più in sofferenza della squadra. Sarebbe un peccato non fare uno sforzo proprio adesso, correggendo gli errori estivi anche sulla corsia sinistra, dove Lulic da anni non trova un erede: dopo i fallimenti di Durmisi e Jony, le enormi difficoltà di Fares. Lo scudetto non ha ancora un padrone e in Champions, con i titolari veri, la Lazio può battere tutti o quasi, ma deve investire.


© RIPRODUZIONE RISERVATA