Lotito-Inzaghi, perché il rinnovo conviene a tutti e due

Lotito-Inzaghi, perché il rinnovo conviene a tutti e due© Getty Images
Alberto Dalla Palma
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Da oltre un mese, in casa Lazio, tiene banco la trattativa tra il presidente Lotito e Inzaghi per il rinnovo di un contratto in scadenza nel prossimo giugno. Un tira e molla snervante, destinato sicuramente a creare altre tensioni in un momento in cui tutto servirebbe meno che l’incertezza: se l’obiettivo è quello di tornare in Champions e di affrontare gli ottavi contro il Bayern con qualche speranza, la squadra avrebbe bisogno di un segnale di continuità e di serenità, considerando il distacco accumulato da settembre a dicembre a causa di un rendimento casalingo assolutamente inaccettabile. La sosta avrebbe dovuto avvicinare le due parti, magari con l’organizzazione di un vertice serio, da dentro o fuori, invece niente o quasi. In fondo Lotito non dice sempre di essere un padre di famiglia per tutta la Lazio e i laziali? E chi può essere più figlio di Simone Inzaghi, che da oltre vent’anni vive solo colorato di biancoceleste? Prima giocatore (vincente), poi allenatore delle giovanili (vincente), e, infine, tecnico della prima squadra (sempre vincente): una Coppa Italia e due Supercoppe tra il 2017 e il 2019, più una finale persa, sempre contro la Juve, una qualificazione Champions fallita all’ultima giornata (2018) e una conquistata l’estate scorsa. La realtà è che il presidente e Simone dovrebbero fare presto a mettersi d’accordo e a continuare il loro rapporto, perché la realtà attuale consiglia a entrambi di non cambiare strada con il rischio di finire non peggio ma molto peggio.

Saremmo curiosi di sapere con chi Lotito cambierebbe Inzaghi, considerando che le sue ultime scelte erano state Bielsa per la Lazio (un fortunato fallimento che ha consentito all’attuale allenatore di restare) e Ventura prima per la Nazionale e poi per la Salernitana (altri due fallimenti, quello azzurro addirittura epocale, incancellabile per il calcio italiano). Si è parlato a lungo di Allegri, nei salotti biancocelesti, ma noi pensiamo che il tecnico toscano, dopo i cinque anni trionfali alla Juve, non voglia rientrare con un club che non sarebbe in grado di garantirgli costantemente una squadra in grado di conquistare lo scudetto (ne ha vinti cinque consecutivi) e di lottare per la Champions (due finali perse). La Lazio non investe grandi cifre sul mercato, anzi, da anni si affida solo alle idee geniali del suo diesse Tare, che ultimamente sembrano meno brillanti del solito: non è facile trovare tutti gli anni talenti come Immobile, Luis Alberto e Milinkovic a costo di saldo ma si può forse trovare qualche difensore più competitivo di Vavro o di Hoedt per lottare a certi livelli oppure un esterno sinistro migliore di Durmisi, Jony o Fares a cui consegnare l’eredità di Lulic. Anche per Tare, comunque, la sintonia con Inzaghi è qualcosa di speciale, come se i due si completassero nella gestione dell’unica squadra che è riuscita a competere con la Juve negli ultimi anni: lasciando Allegri al proprio destino (Arsenal, Manchester United, Chelsea o, soprattutto, Inter), chi potrebbe lavorare meglio di Inzaghi sulla panchina della Lazio, coniugando il lavoro sul campo alla gestione di un rapporto con la società sempre molto complesso per chi non conosce il mondo biancoceleste? Il club non dimentichi, infine, che gli ottavi di Champions e i 45 milioni portati nella casse svuotate dal Covid portano proprio la firma di Inzaghi, costretto a giocare contro Bruges e Zenit in trasferta senza molte delle sue stelle. Di contro ci chiediamo anche dove voglia andare Simone, sul cui valore nessuno può discutere. E’ uno dei giovani tecnici emergenti più bravi, e lo ha dimostrato sul campo, ma in questo momento il salto di qualità può farlo proprio allenando la Lazio e migliorando la gestione del gruppo. Se dalla società pretende un aiuto superiore sul mercato, è giusto che poi il tecnico metta anche gli eventuali nuovi acquisti nella condizione di esprimersi al massimo. Spesso, invece, si ha la sensazione che Inzaghi li bocci, magari involontariamente (citiamo per tutti Berisha e Vavro, due titolari nelle rispettive nazionali), privilegiando la squadra tipo. Il caos provocato dal virus lo ha costretto a fare più turnover del solito nei primi mesi della stagione, ma quando ha tutti i titolari a disposizione Simone tende sempre a far giocare i suoi fedelissimi emarginando gli altri. Dettagli, sia chiaro, ma che possono fare la differenza nell’arco di una stagione, perché come Pioli non toglierebbe mai Ibrahimovic e Pirlo non rinuncerebbe mai a Ronaldo, anche Inzaghi è giusto che privilegi talenti come Immobile, Luis Alberto, Acerbi e Milinkovic, ma a volte bisogna comunque coinvolgere anche le riserve più quotate a prescindere dagli infortuni. 

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