Lazio, Nesta: “Volevo portare Totti a Miami. Mio figlio tifa…”

L’ex capitano biancoceleste ha raccontato qualche aneddoto della sua vita calcistica e non solo: “Con Francesco non potevamo uscire”
Sono 157 le sfide di campionato tra Lazio e Roma. 41 le vittorie laziali, 56 quelle giallorosse© Bartoletti
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ROMA - Due grandi icone del calcio romano: Alessandro Nesta e Francesco Totti. Capitani di Lazio e Roma, leggende, miti. Tanti scontri in campo, fuori invece un'amicizia rafforzata anche in Nazionale. E l'ex difensore biancoceleste, in diretta su Twitch con Calciatori Brutti, ha raccontato: "Già ad 8 anni giocavamo contro. Anzi, ancora prima. Lui già alla Lodigiani era fortissimo, io invece un portatore d'acqua. Uno che faceva la legna, per lui era più facile portare a casa la pagnotta. É un ragazzo divertente, fantastico. A Roma non potevamo uscire. Io capitano della Lazio, lui della Roma: non potevamo andare a cena fuori. C'è sempre stata grande amicizia, volevo portarlo a Miami. Il presidente del Miami lo voleva e dissi a Francesco: 'Che famo?'. Forte, grande personaggio".

Nesta e i ricordi alla Lazio

"Mio figlio di 13 anni tifa Chelsea. Troppo facile. Gli ho detto che deve tifare Lazio o Milan. Proverò a fargli cambiare idea (ride, ndr)". Gascoigne alla Lazio? Grande giocatore e grande personaggio. Come calciatore è un fenomeno. Con la vita che ha fatto è stato fortissimo. Con lui era uno scherzo continuo. Io ho un aneddoto. Ho spaccato tibia e perone a Gascoigne, sono dovuto rifugiarmi a Civitavecchia. Ho detto 'adesso m'ammazza', invece mi ha regalato due canne da pesca (ride, ndr). É una grande persona, però non ho imparato a pescare. L'infortunio? C'era la gabbia. La palla era sempre in gioco ed era vagante. Ero buono, educato, ma si davano legnate. Io arrivai in corsa, andai duro, e ho visto che la gamba non era al suo posto. Però poi è andata bene, soprattutto a lui. Adesso è uscito dall'Isola dei Famosi. È molto generoso. I fratelli Inzaghi? Ho giocato con entrambi e contro. Sono calciatori e persone diverse, però sono entrambi malati di calcio. Più Pippo che Simone. Anche da calciatore studiava tutti i difensori, Simone era un po' più distaccato anche se da allenatore sta volando in alto".


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