Lazio, se Sarri cambia le gerarchie

Sarri (all.) 7 Non vinceva fuori casa dalla prima di campionato. Un passo avanti con riserva: la ripresa andava gestita in altro modo.© LaPresse
Alberto Dalla Palma
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Sarri l’ha cambiata e trasformata, anche con grande umiltà perché è andato contro le sue certezze assolute, e poi l’ha finalmente dotata di un portiere dopo i quattro mesi da incubo di Reina: e c’è proprio la firma di Strakosha, dopo quella indelebile di Ciro Immobile, sulla vittoria della Lazio a Genova, da dove potrebbe cominciare un campionato diverso. Le due pesanti sconfitte contro la Juve e il Napoli e il pareggio casalingo contro l’Udinese dopo un primo tempo ai limiti dell’accettabile avevano allontanato la squadra biancoceleste non solo dalla zona Champions (al momento lontanissima) ma anche dall’Europa più modesta, che comunque porta sempre qualche soldo in cassa: Mau è corso ai ripari, ha silurato il suo portiere preferito, poi Felipe Anderson, da lui definito il giocatore più forte che ha mai allenato, Luis Alberto e Lazzari cercando di costruire una Lazio con le medesime idee tattiche ma con una sostanza assolutamente diversa grazie ai recuperi di Luiz Felipe e Marusic e agli inserimenti di Zaccagni, uno dei migliori, e di Basic.

Un tempo senza storia, il gol di Milinkovic e poi la straordinaria doppietta di Immobile (166 gol in maglia biancoceleste in poco più di cinque anni) per un 3-0 che non lasciava spazio alla possibilità di una reazione della Samp. Che invece c’è stata, eccome. Le cause evidenti: la sostituzione di Ciro, infortunato, con un Muriqi impresentabile anche in una partita già indirizzata, e l’espulsione di Sergej per una reazione ingiustificabile, sebbene provocata da un errore clamoroso dell’arbitro Fabbri che non aveva visto la trattenuta di Adrien Silva ai danni del serbo. Milinkovic avrebbe dovuto tacere per non compromettere la gara della sua squadra e per non andare in squalifica.

La Lazio si è spenta immediatamente anche se già non era rientrata dagli spogliatoi con la testa giusta, lasciando l’iniziativa a una Samp capovolta da D’Aversa. E a quel punto è salito in cattedra Strakosha con la sua abilità, elevatissima, tra i pali: tre le parate decisive, due su Gabbiadini, che aveva già segnato il gol della paura biancoceleste. Non ci dovrebbero più essere dubbi su chi sia il Numero Uno da ora in poi ed è incomprensibile come la società, che non naviga nell’oro, abbia potuto portare l’albanese alla scadenza senza rinnovo: già tormentata da tanti problemi che andranno risolti sul mercato, la Lazio può perdere Strakosha a zero tra un mese ed essere poi costretta a cercare due portieri considerando il rapido declino di Reina. Sarebbero soldi buttati, da destinare più alla ricerca del vice Immobile e dell’erede di Leiva: l’unica è confidare in Sarri e nel suo ripensamento sulle gerarchie tra Pepe e Thomas, come è avvenuto ieri. Per fortuna.


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