Sarri, viaggio dentro un sogno: ecco come nasce la sua “vera Lazio”

Dopo un anno e il rinnovo sino al 2025, Lotito gli ha dato un ruolo centrale per sviluppare il ciclo del futuro: il tecnico biancoceleste cercherà la sublimazione del suo calcio per avvicinarsi alla Champions
Sarri, viaggio dentro un sogno: ecco come nasce la sua “vera Lazio”© Getty Images
Fabrizio Patania
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ROMA - La Lazio, consegnata chiavi in mano o quasi da Lotito, deve trasformarsi in un sogno. Equilibrio mentale e tattico, gol e spettacolo, ma anche difesa feroce, coprendo la palla e lo spazio con movimenti sincronizzati e di reparto. «Una squadra vera», ha spiegato Sarri. Piano triennale, come la firma sul rinnovo. Quanto tempo servirà per portare a regime il piano non è pronosticabile. L’evoluzione, dopo Empoli e Napoli, di un’idea sofisticata, complicata da realizzare sul campo, ma terribilmente affascinante, altrimenti il sarrismo non sarebbe entrato come filosofia calcistica nella Treccani. Mau ha vinto con Chelsea e Juve senza divertirsi troppo, si è dovuto snaturare, accettando i compromessi. Quei successi non gli hanno dato pieno gusto. Come il suo primo derby vinto con la Lazio. Disse di non aver visto una bella partita. Al ritorno, però, sarebbe andata molto peggio e ancora non ha dimenticato l’onta, quasi uno choc, da cui ha faticato a riprendersi. LAVORO. Ora ha sensazioni positive e lavora per portare la creatura di Lotito dal quinto-sesto posto a una dimensione, anche europea, più elevata. Ha accettato la sfida perché può lavorare sui campi di Formello come più gli piace, il presidente lo ascolta e gli ha consegnato centralità nella costruzione del nuovo gruppo. Da allestire pezzo per pezzo, secondo le proprie idee, con giocatori e caratteristiche funzionali. Dovrà migliorarli e addestrarli. Voleva un altro tipo di linea difensiva, più veloce. Acerbi e Luiz Felipe, abituati al sistema di Inzaghi, non salivano a dovere. Stesse resistenze trovate alla Juve con Bonucci e Chiellini, a cui non potevi togliere il centravanti da sbranare nel duello fisico. E poi dieci giocatori con medesima disponibilità al sacrificio. Senza palla si corre e si suda. «Dobbiamo andare a duemila all’ora» urlava Sarri in ritiro ad Auronzo durante le esercitazioni. Ritmo, intensità, palleggio a uno o due tocchi. Pressione alta di centrocampisti e attaccanti, diagonali difensive chieste al tridente. Un filo invisibile a collegare il movimento collettivo. Se la mezzala sale, l’esterno entra dentro al campo per coprirlo. Avanti e indietro, come stantuffi. Un blocco unico, calcio totale, concetti ereditati dal Milan di Arrigo Sacchi. Nel Napoli gli riusciva facile perchè Jorginho, Allan e Hamsik (al top) abbinavano qualità e dinamismo, Albiol dietro era un radar con un’intelligenza tale da poter dirigere da solo l’allenamento, la fascia sinistra era irresistibile con Ghoulam e Insigne, a destra gli inserimenti di Callejon facevano la differenza.

Lazio, dinamismo

Sarri alla Lazio ha trovato un 10 indolente come Luis Alberto e una mediana poco equilibrata con Leiva (a fine carriera) e un altro fantasista come Milinkovic. Inzaghi, con il 3-5-2, chiedeva allo spagnolo di rientrare, partendo da una posizione più arretrata. Gli concedeva respiro, qualche libertà. La richiesta di Sarri, in fase difensiva, è insostenibile per Luis Alberto. Non vale solo quello il Mago combina con la palla. Chiaro il principio generale. «Mi piace un calcio in cui i movimenti, tanto offensivi che difensivi, non prevedono esenzioni di alcun tipo». Concetto classico della zona. Campo diviso in dieci sezioni. Da Immobile a Patric, passando per Pedro, Lazzari e Milinkovic: tutti hanno lo stesso carico di lavoro. Squadra corta, compatta, simmetrica. Ordine tattico. È un calcio in cui non si fanno differenze. È lo stesso principio che portò Beppe Signori all’ala sinistra nell’Italia dei Mondiali ‘94. Ecco perché Sarri vuole Ilic per completare il centrocampo in attesa di capire se non partirà Milinkovic, come gli ha promesso Lotito. Lo ritiene ideale per gli equilibri tattici.

Personalità Lazio

La Lazio, l’anno passato, soffriva di cadute mentali. Vecino e Romagnoli sono stati presi con l’idea di combattere la fragilità caratteriale. Fame, motivazioni, entusiasmo, esperienza. Come Pedro, un altro grimaldello (preso l’estate scorsa) per trasmettere il suo calcio. Sarri vuole gente agguerrita, giovani da svezzare. Un gruppo unito, pronto a crederci, a seguirlo. Pensare calcio nello stesso modo. Più complicato convincere Acerbi e Luis Alberto rispetto a Casale e Marcos Antonio. Il brasiliano, velocissimo e tecnico, ma leggero, aggiungerà estro in mezzo, accorciando il campo. Dove Leiva contrastava, l’ex play dello Shakhtar punterà sull’anticipo e sulla rapidità nel recupero. Ciro Immobile, leader e capitano, è un uomo chiave dello spogliatoio. Coinvolgimento totale, rapporto solido con Lotito e Sarri, sta garantendo un appoggio decisivo per trasportare la squadra verso l’obiettivo comune. Mancano uno o due pezzi per completare il mosaico. Mau reclama un terzino sinistro. L’esterno d’attacco (Pedro o Zaccagni) si accentra. Serve un piede mancino per attaccare (e crossare) nello stesso modo in cui sprinta Lazzari a destra. La Lazio, correndo a duemila all’ora, si prenderà anche dei rischi. È normale. Ci vuole coraggio per imboccare la strada del sarrismo. Allacciamo le cinture.


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