La strategia di Sarri che ha risollevato la Lazio

Quei cali di tensione non giustificati, il suo sfogo e la reazione a Cremona: l'allenatore ha usato la tattica del silenzio
La strategia di Sarri che ha risollevato la Lazio© Marco Rosi / Fotonotizia
Fabrizio Patania
4 min

ROMA - Il gelo come anti-virus, non solo i gol di Immobile. E neppure gli antibiotici. Sarri, trasfigurato, ha risollevato la Lazio attraverso la tattica del silenzio. I comportamenti, a volte, pesano più di tante parole. L’indifferenza anche. Così ha scelto di parlare pochissimo durante il ritiro di Piacenza. Ogni tanto vale la pena far decantare. Anche un trauma si può risolvere con il riposo. Due motivazioni, nella stessa misura determinanti, alla base della strategia. La prima: allentare la tensione, non appesantire il clima. Restavano pochissime ore per preparare la trasferta di Cremona e aprire un processo all’interno dello spogliatoio avrebbe potuto “rompere” la Lazio piuttosto che aggiustare. Bastavano e avanzavano le rassicurazioni di Immobile, capitano di nome e di fatto, come ha dimostrato sul campo. La seconda ragione: Sarri voleva trasmettere senso di responsabilità e consapevolezza alla squadra. Non aveva bisogno di alzare la voce. Il peso di quei cinque gol era già dominante nei pensieri della Lazio. Così non ci sono stati veri e propri confronti. Mau ha limitato la riunione a un video di preparazione alla Cremonese, ha trasmesso concetti efficaci, riassunti allo Zini dopo il poker al suo amico Alvini. «Vorrei non si parlasse di reazione nervosa, ma di consapevolezza, altrimenti ci ritroveremmo a cadere nello stesso difetto alla prossima cazzata che facciamo, come è successo nella passata stagione». E sabato ha aggiunto un video per rianalizzare gli errori di sistema difensivo commessi all’MCH Arena di Herning.

Analisi

Sarri a Cremona era ancora trasfigurato, teso e dispiaciuto per il ko in Danimarca, una vera e propria umiliazione. La verità è che non se l’aspettava. E’ stato sorpreso dal black out dopo sette partite stagionali in crescendo per continuità e compattezza. Ci può stare un calo all’ottava di fila, è complicato mantenere la stessa intensità e un ritmo elevatissimo di palleggio e di sistema difensivo giocando ogni tre giorni, ma non si può perdere in quel modo. Sarri ha “sbroccato” a Herning e con le parole è andato oltre le proprie intenzioni. Lo ha capito quasi in diretta durante la conferenza stampa. Peraltro si è spiegato male parlando del germe. Non ha ancora trovato il guasto, la motivazione dei black out ricorrenti. Ha messo in discussione se stesso e la squadra, nell’occasione troppo superficiale e presuntuosa. Ha scatenato, senza rendersene conto, la caccia al colpevole. «Se la motivazione derivasse da un giocatore, andrebbe venduto all’istante» era un discorso ipotetico. Come quello relativo al suo “passo indietro”. Equivaleva a spiegare di non aver ancora trovato la causa, che forse neppure esiste, altrimenti nessuno perderebbe mai con un passivo ampio. Può succedere. Ancora di più con la frequenza di impegni ravvicinati e dentro una stagione anomala. Il torneo di apertura della Serie A somiglia al post lockdown con il peso ulteriore dell’Europa. TOP. La tendenza a specchiarsi è tipica di una squadra piena di classe, meno di corsa, non sempre equilibrata dal punto di vista tattico. Con Luis Alberto è scattato l’inevitabile collegamento per via delle frequenti esclusioni, dell’estate in bilico, di un feeling spesso discusso. In realtà Sarri ha rivisto la partita con i danesi e pensa (come si era visto bene dalla tribuna) che il numero 10, soprattutto nei primi 25 minuti, fosse stato uno dei migliori, se non il migliore della Lazio. La gestione da dodicesimo forse non piacerà allo spagnolo, ma convince Mau. Luis Alberto entra e decide. A Cremona, con un colpo di tacco, ha innescato Immobile nell’azione del gol di Pedro. Incide ancora di più quando affiora la stanchezza degli avversari e si abbassano i ritmi. Milinkovic, invece, non ha lo stesso impatto subentrando. Non lo ha mai avuto e si è capito anche questo. Una grande squadra e grandi giocatori non fanno differenze. Lo scatto di mentalità di solito viene naturale nei top club, dove la concorrenza è più alta e si accetta una panchina. Altrimenti c’è il rischio di abbassare il livello di umiltà...


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