Lazio, Sarri il trasformista ha trovato il piano B

Con Felipe più palleggio ma Vecino ha raddoppiato la corsa e gli inserimenti: 13,2 chilometri e 2 tiri
Fabrizio Patania
4 min

ROMA - Non gli piace il calcio “usa e getta”. Lo ha raccontato in tempi recenti. «Sembriamo diventati registi televisivi. Un video, un allenamento di rifinitura e si va in campo. Così non si preparano le partite» lo sfogo ripetuto di Sarri, allenatore da vecchio calcio, inteso come abitudini e frequenza di calendario: la modernità passa attraverso l’addestramento e la preparazione specifica rispetto ai movimenti tipici dell’avversario fa la differenza. La Lazio più bella si è vista a Bergamo per due motivi: su quel campo, con un’intensità feroce, le partite vengono fuori in modo attraente e naturale, ma Sarri questa volta l’ha potuta preparare con la settimana classica di lavoro, senza impegno europeo, con una squadra fresca e sul pezzo da giorni. Si è visto il risultato abbinato alla prestazione da utopia. Quasi la perfezione

Il messaggio di Lotito alla sua Lazio e la telefonata a Sarri

Piano B

Il senso della serata di Bergamo è chiaro, non solo perché poteva scavare un solco in classifica. La Lazio ha svoltato vincendo senza Immobile. Ha capito di poter essere pericolosa e redditizia anche nell’occasione in cui mancava il suo centravanti, quattro volte capocannoniere in Serie A. Sarri ha trovato il piano B. Meno profondità e riferimenti, più palleggio. Il tema, in qualche modo, lo aveva anticipato nella conferenza di vigilia. Si è tradotto sul campo nell’interpretazione di Felipe. Novanta minuti o quasi con le spalle alla porta. Ha attaccato poco la profondità, ma ha dialogato con i centrocampisti. Si è mosso tanto, portando in giro Demiral, che faticava a prenderne le misure. Non si è mai scomposto. Ha cucito il gioco e lo ha aperto sulle corsie esterne. Un tiro, un gol. Destro chirurgico per il raddoppio. Da posizione centrale, vede la porta. Sulla destra combina bene con Lazzari e Milinkovic, ma va molto meno a concludere. Con la Lazio di Pioli, nel 2015, segnò 10 gol e servì altrettanti assist partendo defilato da sinistra. Si accentrava per cercare il bersaglio. A Bergamo è stato decisivo il lavoro di Pedro e Zaccagni, a cui Sarri aveva chiesto uno sforzo supplementare. Senza centravanti, devo segnare con gli esterni. Ecco l’idea. Serviva un attacco alla porta più deciso con gli altri due componenti del tridente.

Guastatore

E poi gli inserimenti di Vecino. Come diceva Sarri, nell’ultima azione della partita contro l’Udinese era arrivato davanti alla porta di Silvestri prima di Cancellieri. Bene, è successo anche a Bergamo con Felipe. Due volte al tiro. Si è inserito a ripetizione. Scattava per riempire l’area. Sono le sue caratteristiche. Mancando Immobile, l’uruguaiano ha intensificato la proiezione offensiva. Era lì, accanto a Felipe, anche nell’azione del 2-0. Avanti e indietro per il campo, stabilendo il record della partita: 13,2 chilometri. Nessuno, tra Atalanta e Lazio, ha corso quanto Vecino. Mau lo sa: è un trasformista, non un integralista. Basta adeguarsi ai giocatori. Lo aveva dimostrato al Chelsea, con Hazard spostato a sinistra, e alla Juve con il tridente asimmetrico e Matuidi per compensare i mancati rientri sulla fascia di Ronaldo. Alla Lazio il suo gioco è diventato più verticale per favorire Immobile. A Bergamo, senza Ciro, ha incartato Gasperini con il palleggio. Felipe era l’uomo in più a centrocampo. Un 10 al posto del 9.


© RIPRODUZIONE RISERVATA