Lazio 41 punti, Napoli 39, Inter 38. Se le partite durassero soltanto 45 minuti, Sarri correrebbe per lo scudetto. Anzi, sarebbe davanti a Spalletti. Percorso netto nell’ipotetica classifica: 12 vittorie, 5 pareggi, 2 sconfitte, 18 gol realizzati e appena 3 al passivo. La regina dei primi tempi, dopo l’intervallo, perde intensità, attenzione e punti. Il tema, esaurito il girone d’andata, merita una riflessione. La Lazio, da muro d’acciaio, alla lunga perde un minimo di solidità. Diversi precedenti alimentano i rimpianti: il pareggio di Gabbiadini (Samp-Lazio 1-1) all’alba del campionato come prologo delle rimonte subìte a Lecce (da 1-0 a 1-2) e con l’Empoli (da 2-0 a 2-2). Un altro crollo, alla fine di ottobre, con la Salernitana all’Olimpico: la Lazio vinceva 1-0 all’intervallo, fallì il raddoppio con Vecino e ne prese tre nella ripresa. Nel complesso, tra primo e secondo tempo, la differenza è poco significativa. Sarri ha chiuso il girone d’andata a 37 punti. Semmai bisogna guardare la crescita esponenziale di Napoli, Juve e Milan. Hanno risorse superiori, portano a casa il bottino.
Top con le top
Certo è significativo che nei confronti diretti, in chiave Champions, la squadra biancoceleste non abbia avvertito cali di tensione: 3-1 all’Inter prendendo il volo nell’ultima mezz’ora, 0-2 a Bergamo con l’Atalanta, 1-0 con la Roma, 4-0 con il Milan. Solo con la Juve, senza diversi titolari, andò sotto di brutto. Anche con il Napoli, presi due gol, la Lazio non si arrese e continuò a inseguire il pareggio, protestando per il mancato rigore concesso a Lazzari. Stimoli forti, concentrazione super. L’equazione è semplice. Sarri da tempo parla di cilindrata mentale che mancherebbe a una parte della squadra per eliminare (del tutto) il difetto d’origine.
Freschezza
Un dato va sottolineato. La Lazio ha incassato solo 3 gol nel primo tempo, mantenendo la porta imbattuta in 16 giornate su 19 del girone d’andata. Un’enormità. E’ la conferma che quest’anno, in campionato, non ha mai fallito l’approccio o iniziato male una partita. La freschezza e il serbatoio pieno aiutano a correre, a mantenere le distanze rispetto alla palla e ai compagni, a mettere in pratica il calcio sofisticato di Sarri. Ecco la vera chiave tattica, peraltro nella linea del campionato di Serie A, in cui prevale il tatticismo. Si comincia coperti, sbagliando il meno possibile nella gestione del pallone Le partite si aprono alla lunga e la tendenza è stata esasperata dai cinque cambi. Si gioca in 16, non più in 11.
Cambi
Un altro fattore dipende dall’incidenza della panchina. Sarri gioca il calcio più bello della Serie A dietro al Napoli. Rispetto a Spalletti, non ha la stessa abbondanza offensiva. Uno può mettere dentro Elmas, Lozano o Politano, Simeone e Raspadori. L’altro Romero o Cancellieri, ancora acerbi. Inzaghi si affi da a Correa, Lukaku o Dzeko. Allegri, recuperato Chiesa, alterna Kean e Milik o Di Maria. Il Milan, non a caso, sta patendo i ritardi di Origi, Rebic, De Ketelaere per non parlare di Ibra. Sarri, l’altra sera, spiegava proprio questo: sono gli attaccanti a risolvere con una giocata o determinare negli ultimi 20-30 minuti. Nella prima parte del campionato, la Lazio ha avuto buone risposte dalla panchina (Luis Alberto 3 gol, Pedro 2) quando era a pieno organico e impiegava Vecino al posto dello spagnolo. Il gol di Romero con il Monza è stata l’unica sorpresa. Ora, senza Immobile, Pedro deve giocare a tempo pieno e Luis Alberto, fi nalmente disposto a correre senza palla, ha riconquistato il posto di titolare. E poi l’aspetto tattico: con tre punte e due fantasisti a centrocampo, conservare gli equilibri non è semplice, a maggior ragione per 100 minuti, recupero compreso.