Lazio, la parola chiave di Baroni è insieme!

Leggi il commento al momento dei biancocelesti e all'operato del tecnico, alla vigilia della sfida con il Bologna
Stefano Chioffi
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La differenza va ricercata in una parola che è la vera password di questa Lazio: insieme. Concetto cruciale che Jürgen Klopp sintetizzava nel suo vecchio Liverpool con un termine inglese: “engagement”. La capacità di coinvolgere tutti a livello emotivo e professionale, dal capitano al terzo portiere. Marco Baroni ha introdotto a Formello una visione comune che mancava: così ha saputo trasformarsi in un moltiplicatore di valori. Ascolto, unione, empatia, dialogo, motivazioni, il culto del collettivo, lo sviluppo di un calcio che prova a coniugare razionalità e istinto. Un doppio traguardo: divertire se stessi e i tifosi. Durante il ritiro in Cadore, mentre organizzava le prime partitelle, Baroni ha cominciato a trasferire un principio: “Bisogna sempre ragionare come se questa azione fosse l’ultima”. Una frase che contiene uno dei segreti della Lazio, in grado di guadagnarsi un ruolo di spicco in campionato e di guidare la classifica in Europa League. Il tempo è un investimento che scade: bisogna riempirlo curando il dettaglio. Si gioca con un’applicazione feroce, ogni minuto è un’opportunità. Autorevole, mai autoritario.

A Formello è riuscito a esercitare un forte impatto sul gruppo: schemi e comunicativa. Le parole giuste per accendere l’interesse. Messaggi brevi, perché i discorsi lunghi stancano più dei calendari compressi, come ha raccontato qualche giorno fa. Adora il mare e la barca a vela: ha la patente nautica. “Una passione allenante anche per il mio lavoro. Ti proietta in avanti, ti aiuta a capire e a prevenire”. In base agli esperti di mercato, la rosa della Lazio vale il 50% in più rispetto a quattro mesi fa: da Rovella a Tavares, da Guendouzi a Castellanos. Ritmo, mobilità, tante varianti: la regola è scambiarsi compiti e funzioni. La Lazio lascia un’impronta. Non è stata pensata con il 3-4-3, come il Bayer Leverkusen di Xabi Alonso, però ha un tratto distintivo che ricorda la squadra tedesca: transizioni, pressing, resistenza, brillantezza atletica, la capacità di stringere sempre il campo nella zona del pallone. Movimento sulle fasce e ricerca della profondità. Baroni accetta rischi e pericoli, questa aggressione alta e sistematica può comportare situazioni di inferiorità numerica in altri settori.

Duelli costanti e verticalità, cercando di mantenere il 4–2-3-1 sempre corto e compatto. In alcuni momenti delle partite sembra quasi che i reparti siano uniti da un gancio di ferro: la Lazio si muove in modo armonico, facendo densità e togliendo tempo di manovra agli avversari. Baroni ha saputo restituire una centralità alla figura del giocatore. Tattica e meccanismi si sviluppano all’interno di un sistema che non diventa mai ritualità. Cambi di marcia e organizzazione. Meno possesso del pallone e più dinamismo. Chi entra in corsa non si sente un’alternativa. Una Lazio che è ripartita a luglio evitando i paragoni con il passato. Si è concentrata solo sulle sue nuove responsabilità: un atteggiamento maturo per salutare nel modo più corretto Immobile, Luis Alberto e Felipe Anderson.


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