Martignano, ieri mattina. Saverio Sticchi Damiani, il presidente, osserva Pantaleo Corvino che impugna la vanga. Comincia così l’avventura del Nuovo Centro sportivo del Lecce. Con la vanga il Panta sta che è una meraviglia.
L’attrezzo o, se preferisci, lo strumento, ti rappresenta perfettamente .
«Hai ragione. Anche se figlio di manovale, sono nato contadino e contadino resto. Lavoro i campi, solo che non coltivo frumento o verdure, ma talenti». La cosa gli riesce assai bene dalla fine degli anni Ottanta («partito da sotto il marciapiede, sono arrivato a quattro Champions»). Tempo fa mi parlò di Patrick Dorgu, che ogni tanto mostrava al campionato, e oggi il ventenne danese è tra i più cercati dai club di tutta Europa. «Ha le stimmate del campione. Non gli manca nulla». Dorgu piace a Conte, all’Inter, alla Juve; Juve che proprio domani gioca a Lecce. Senza il suo Vlahovic: suo del Panta. «Ogni tanto mi manda ancora una maglia, qualche messaggio, ma è giusto e normale così». E ricorda: «Ero andato a vedere il Partizan per Milenkovic, ma quando fecero entrare ‘sto ragazzino me ne innamorai, aveva fisicità, destrezza, una qualità insolita per un attaccante con quelle misure. E senso del gol. Chi sa segnare segna sempre. Agii d’anticipo, lo volevano in tanti. I genitori mantennero la parola e con lui riempii l’ultimo posto a disposizione per l’extracomunitario, naturalmente dopo averlo lasciato sei mesi in prestito per farlo diventare maggiorenne».
A Firenze fosti criticato.
«Si immaginavano che prendessi un giocatore già formato e invece puntai subito su Dusan. Lo portai nello spogliatoio della Primavera prima della finale col Toro. Gli dissi “ti faccio debuttare con i ragazzi, tu entra e segna”».
E lui obbedì.
«“Tranquillo, direttore, vado e segno”. Vincemmo due a zero, fece doppietta. O forse ne segnò uno solo, comunque alzammo la coppa. Dovresti andare a controllare».
La prossima volta, la prossima volta...
«Sai cosa ripeto sempre?».
Ne dici tante.
«C’è chi vede e chi intravede. La differenza è tutta qui. E per trovare del buono bisogna viaggiare tanto».
Avrai smesso , non sei più un ragazzino.
«Un po’ sì e un po’ no. Ho una squadra di scout. Beh, non proprio una squadra. Ne ho due che lavorano da casa».
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«Limito la dispersione di denaro e energie. Ne ho uno per la prima squadra e uno per il settore giovanile. Pochi, ma buoni. Fabrizio Bertuzzo, pavese, con me da dodici anni, e Fabio Piluso, calabrese, che è qui da tre. Ragazzi meravigliosi che mi sopportano e supportano».