C'è la firma sull'accordo preliminare: così Berlusconi ha venduto il Milan ai cinesi

Il retroscena di un'operazione da 740 milioni. Ceduto il 99,93% del club a una cordata che comprende il fondo di stato di Pechino per gli investimenti. Fuori dall'operazione, a sorpresa, Gancikoff e Galatioto
C'è la firma sull'accordo preliminare: così Berlusconi ha venduto il Milan ai cinesi
Pasquale Campopiano
10 min

ROMA - Il 5 agosto del 2016 resterà nella storia del Milan. Da oggi, dopo 30 anni, il club di via Aldo Rossi non è più di Silvio Berlusconi, che cede il 99,93% delle quote societarie detenute da Fininvest alla Sino-Europe Investment Management Changxing, il fondo cinese guidato dal manager Han Li, che racchiude imprenditori locali ed aziende a partecipazione statale. La famosa società veicolo, quella che per tutti questi lunghi mesi è stata alla base dell'operazione di acquisizione del Milan.

Di questa Sino-Europe Investment Management Changxingn fanno parte il fondo di stato cinese per lo sviluppo e gli investimenti Haixia Capital e l'imprenditore Yonghong Li, manager oreintale che ha condotto la trattiva in questi mesi. Sono solo due dei nomi della famosa lista da otto investitori che era stata presentata a Fininvest poco prima dello scorso 10 maggio, quando è stata firmata la trattativa in esclusiva con la conglomerata cinese. Operazione da 740 milioni, ai quali vanno sottratti i circa 230 milioni di debiti del club rossonero: «Con l'accordo - si legge nella nota ufficiale - gli acquirenti si impegnano a compiere importanti interventi di ricapitalizzazione e rafforzamento patrimoniale e finanziario, per un ammontare complessivo di 350 milioni di euro nell'arco di tre anni, di cui 100 miloni da versare al momento del closing». Così come voleva Silvio Berlusconi.

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UNA STORIA INCREDIBILE E PIENA DI DIFFICOLTA' - Il Milan è cinese, è il modo in cui si è arrivati alla tanto agognata firma, che è stata messa nero su bianco in queste ore a Villa Certosa in Sardegna dove Berlusconi è in vacanza, che ha dell'incredibile. La vicenda, nota ormai da quattro mesi, nasce in realtà più di un anno fa, quando Han Li, la Sino-Europe Investment Management Changxingn e Yonghong Li incaricano advisor e studi legali per l'acquisizione del club rossonero, messo ufficialmente in vendita da Fininvest. A moderare l'operazione vengono chiamati l'advisor italo americano Sal Galatioto con la sua GSP e quel Nicholas Gancikoff, suo delfino, che si è preso titoli e copertine di giornali nelle ultime settimane.

Sono loro a curare tutta l'operazione, sono loro a metterci la faccia, saranno loro, a conti fatti, i grandi sconfitti di tutta questa incredibile vicenda. L'operazione, ambiziosa fin da subito, viene stoppata dall'ingresso in scena del fantomatico Mister Bee che aveva fatto sognare i tifosi rossoneri per un'estate intera, operazione poi rivelatasi un fallimento.

I DETTAGLI DI UN'OPERAZIONE PIENA DI COLPI DI SCENA

COLPO DI SCENA: FUORI GANCIKOFF, GALATIOTO E IL FONDO GSR - Gancikoff e Galatioto tornano alla carica a metà aprile, quando, dopo il fallimento dell'operazione Bee, Fininvest decide che è arrivato il momento di sedersi al tavolo della trattativa con altri imprenditori. I due advisor convincono Berlusconi presentando una lista di otto investitori approvata dall'ex Cav. e il 10 maggio si arriva alla firma del termsheet che concede l'esclusiva alla conglomerata cinese. La trattativa procede senza intoppi con gli studi legali interessati ma poi si complica strada facendo.

L'operazione al cuore di Berlusconi costringe i protagonisti della vicenda ai primi rinvii, ma le successive settimane confermano la poca chiarezza su tutta l'operazione. Il totale riserbo sul nome degli investitori, le manovre di Gancikoff che aspira a diventare il nuovo super manager del Milan, i dubbi di Berlusconi e di Fininvest che spingono per la vendita ma ricevono in cambio poche rassicurazioni sul nome degli investitori. Nella girandola  entrano ed escono come fossero dei calciatori al cambio i nomi di Evergrande, Robin Li, la Moutai Global e compagnia bella. Tra conferme e smentite si arriva a un totale di 7 rinvii, con la firma sull'accordo preliminare che continua a slittare. Fino agli ultimi tre giorni, quelli decisivi: quelli che segnano definitivamente la storia del Milan.

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DUE ANIME DISTINTE E DIFFERENTI - L'operazione condotta da Gancikoff e Galatioto, che nel frattempo portano al tavolo delle trattative il fondo GSR Capital di Sonny Wu e Steven Zheng spiazza Han Li e la sua cordata. In realtà GSR era soltanto uno degli otto nomi e non quello principale che doveva acquisire il club rossonero. La cordata si sfalda e si spezza in due anime distinte e differenti, quasi concorrenziali, e Gancikoff e Galatioto cominciano a perdere di credibilità pur garantendo l'esito positivo di tutta l'operazione a milioni di tifosi rossoneri in preda ad una crisi di nervi.

Il 31 luglio sembra tutto saltato, Fininvest ha fretta di chiudere e concede un ultimatum ai cinesi: è a quel punto che Han Li, Yonghong Li e la Sino-Europe Investment Management Changxingn decidono di dare la scossa, bypassando completamente gli advisor Gancikoff e Galatioto. Vengono scelti Rotschild & Co. e lo studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners e in soli tre giorni si arriva alla svolta definitiva e al blitz di questa notte, dove le parti trovano l'accordo definitivo. Emissari cinesi raggiungono Villa Certosa in Sardegna e alla presenza di Silvio Berlusconi e del nuovo ad  di Fininvest Danilo Pellegrino viene posta la firma all'accordo preliminare, che diventerà definitivo con il closing entro la fine del 2016. Una storia pazzesca, con un finale pieno di colpi di scena.

 

ECCO IL COMUNICATO FININVEST - «Il presidente Silvio Berlusconi ha approvato il contratto preliminare firmato dall’amministratore delegato di Fininvest, Danilo Pellegrino, e da Han Li, rappresentante di un gruppo di investitori cinesi, relativo alla compravendita dell’intera partecipazione - pari al 99,93% - detenuta dalla stessa Fininvest nell’AC Milan. Gli investitori operano attraverso la management company Sino-Europe Sports Investment Management Changxing Co.Ltd. Della compagine fanno parte fra gli altri Haixia Capital, fondo di Stato cinese per lo Sviluppo e gli Investimenti, e Yonghong Li, chairman della management company, che è stato fra i promotori del gruppo con cui Fininvest ha lungamente trattato fino alla firma odierna (“signing”). Assieme ad Haixia Capital e a Yonghong Li, acquisiranno quote dell’Ac Milan altri investitori, alcuni dei quali a controllo statale. Fra loro, società attive nel campo finanziario e altre impegnate in settori industriali. Il contratto, vincolante fra le parti, verrà perfezionato entro la fine del 2016 (“closing”), una volta ottenute le autorizzazioni previste in questi casi dalle autorità italiane e cinesi. La valutazione dell’AC Milan, in base all’intesa, risulta di 740 milioni di euro complessivi e tiene conto di una situazione debitoria stimata in circa 220 milioni. Con l’accordo, gli acquirenti si impegnano a compiere importanti interventi di ricapitalizzazione e rafforzamento patrimoniale e finanziario di AC Milan, per un ammontare complessivo di 350 milioni di euro nell’arco di un triennio (di cui 100 milioni da versare al momento del “closing”). Il contratto prevede anche che con il “signing” gli acquirenti mettano a disposizione una caparra, a conferma degli impegni assunti, pari a 100 milioni di euro, di cui 15 contestualmente alla firma e 85 entro 35 giorni. Durante l’intera negoziazione, nella stesura del contratto e degli impegni che esso prevede, Fininvest ha sempre avuto come obiettivo prioritario quello che il Presidente Berlusconi aveva chiaramente indicato: dotare il Milan, attraverso un assetto proprietario finanziariamente adeguato, di quelle risorse sempre più elevate ormai indispensabili per riportarlo a competere con i più importanti club del calcio mondiale. Nella trattativa gli investitori cinesi si sono avvalsi come advisor per la parte finanziaria di Rothschild & Co. e per quella legale dello studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, Fininvest rispettivamente di Lazard e BNP Paribas e dello studio Chiomenti»

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