Bufera, frecciate e liti: ecco perché Van Basten si sbaglia su Sacchi

I suoi giudizi sull'ex tecnico del Milan sono parziali e vanno visti in controluce
Bufera, frecciate e liti: ecco perché Van Basten si sbaglia su Sacchi
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C’è da strabuzzare gli occhi nel leggere alcuni passi dell’intervista di Marco Van Basten a “Sette” per lanciare la sua autobiografia, in uscita per Mondadori, dal titolo Fragile. Raccontano di un uomo appunto molto fragile, assalito da tanti rimorsi e qualche sordo rancore riservato proprio nei confronti di chi ne esaltò il talento luccicante, a cominciare dal suo maestro Cruyff per finire ad Arrigo Sacchi che lo portò a scalare le vette del calcio mondiale e a collezionare tre Palloni d’oro in carriera. Un autorevole dirigente della federcalcio, Antonello Valentini, che lavorò al fianco di Sacchi e ne conosce la storia umana oltre che professionale, ha definito quelle frasi “ingenerose e sgradevoli”.

Quella volta che a Cesena Sacchi lasciò in panchina Van Basten

Non è il caso, qui, avendolo conosciuto e frequentato per molti anni a Milanello, opporre giudizi feroci a stroncature diaboliche. È invece opportuno riannodare i fili della memoria per documentare una ricostruzione diversa. Dice Van Basten: Sacchi se la prendeva con i più deboli del gruppo. La smentita più clamorosa è rappresentata proprio dall’esperienza personale dell’olandese. Fu Van Basten a finire in panchina, a Cesena, dopo aver firmato un’intervista polemica seguita alla sconfitta con la Fiorentina. «Vieni in panchina con me così mi spieghi bene la tattica» la motivazione che gli diede il tecnico.

Sacchi non ha inventato niente? Ecco perché non è vero

Sostiene ancora Van Basten: Sacchi non ha inventato niente, il segreto di quel Milan molto forte fu la bravura dei suoi difensori. Vero, in parte. Nel senso che quel Milan disarmò le armate europee come il Real Madrid dell’epoca mandando in fuorigioco cento volte i suoi attaccanti. E per farlo ci fu bisogno di esercitazioni ripetute cui all’inizio Baresi e compagni si sottoposero incuriositi perché rappresentarono un inedito per il calcio italiano.

I giornalisti non stavano dalla parte di Sacchi

Altra affermazione di Van Basten: Sacchi era bravo a farsi amici i giornalisti. Trattasi di una narrazione inesatta. In quegli anni il “sacchismo” era condiviso da pochissimi colleghi, la stragrande maggioranza era schierata col calcio di Trap, considerato vincente per gli scudetti collezionati con la Juve. E la guerra di religione tra le due opposte fazioni proseguì soprattutto quando Sacchi arrivò in Nazionale.

La morte di Cruyff e la vedova che non volle vedere Van Basten

Marco Van Basten sta cercando di fare pace con sé stesso e col suo passato. Ha cento ferite, alcune famigliari, da far rimarginare e una depressione sconfitta da dimenticare come documenta l’episodio dopo la morte di Cruyff (la vedova lo tenne fuori dalla porta di casa). Ne aggiungo un altro. Nei giorni in cui da ct dell’Olanda incontrò Arrigo in un convegno ad Amsterdam gli confidò: «Ora mi rendo conto di averle creato qualche problema». Sacchi, riconoscente ai suoi eroi, gli rispose: «Ma tu me ne hai anche risolti di problemi». E si abbracciarono.


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