Super Zlatan Ibrahimovic ma non solo: il Milan è squadra

Super Zlatan Ibrahimovic ma non solo: il Milan è squadra© LAPRESSE
Alberto Dalla Palma
5 min

Mezzo scudetto è del Milan, l’altro mezzo chissà. E’ durato una notte il sogno dell’Inter di un aggancio in vetta dopo il trionfo contro la Juve: la doppietta di Ibra, al rientro defi nitivo in campionato, rimanda Conte a meno 3 e consegna a Pioli il titolo d’inverno, al massimo da condividere con i cugini nel caso in cui al termine del prossimo week end le due squadre milanesi si ritrovassero a pari punti. Quasi al giro di boa, la sensazione è che alla fi ne questo torneo se lo contenderanno proprio loro, anche se le distanze dalle avversarie non mettono ancora al sicuro la volata fi nale. Gli impegni sono talmente tanti, in Italia e in Europa, e le variabili Covid sono così pesanti e improvvise, che tutto può ancora accadere, ma è chiaro che Milan e Inter hanno inviato un segnale devastante alla Juve e anche a Napoli, Roma, Atalanta e Lazio che rientrano nel giro della Champions.

La vittoria di Cagliari, netta anche con il Milan in dieci per un comportamento folle di Saelemaekers, è stata fi rmata da Ibrahimovic, prima con un rigore (il numero 13 per i rossoneri in 18 giornate: record) e poi con la rapidità di un ragazzino sul lancio da trequartista di Calabria, un esterno basso che Mancini dovrà iniziare a considerare per la missione europea. Una doppietta che ha messo in ginocchio il Cagliari consegnando mezzo scudetto ai rossoneri. Pensate che Zlatan è arrivato a quota 12 gol in sole 8 partite (uno ogni 52’): Ronaldo è a 15 in 14 gare, Immobile a 12 in 16 e Lukaku a 12 in 17. Numeri che per un trentanovenne fanno paura: aveva lasciato il campionato il 22 novembre scorso al San Paolo di Napoli (Maradona era ancora vivo) con una doppietta e ci è rientrato dall’inizio soltanto ieri a Cagliari, sempre con un altro unodue. Un segnale di prepotenza che può far pensare che sia lui l’uomo scudetto del Milan, perché Ibra è un gigante, perché Ibra ha portato la mentalità vincente, perché Ibra gela gli avversari solo con la sua maestosa presenza, ma in realtà i numeri di questo girone di andata ci dicono che quella di Pioli è una squadra che non dipende da nessuno, tanto meno dal suo fuoriclasse più amato.

Nelle prime 18 giornate i rossoneri hanno vinto 13 partite, ne hanno pareggiate 4 e ne hanno persa solo una, quella contro la Juve che a San Siro sarebbe poi tracollata domenica sera contro l’Inter. Il Milan ha un simbolo, Zlatan appunto, ma anche una rosa completa, gestita nel modo migliore da Pioli, se è vero che in questa cavalcata trionfale lo svedese ha saltato più della metà delle partite. Ieri, per esempio, mancavano Bennacer, Theo Hernandez, Calhanoglu e Rebic eppure è arrivata un’altra vittoria nemmeno tanto soff erta, nonostante il fi nale in dieci come già era successo a Benevento. La Juve, lo ricordiamo, senza Alex Sandro, De Ligt, Cuadrado e Dybala, è crollata a Milano senza dare alcun segnale di vita con le sue riserve. Tutto ciò signifi - ca che il rendimento del Milan, cambiando gli interpreti, non muta: un segnale che spinge il club a pensare che sia l’anno giusto per tornare sul trono, tanto da investire ancora sul mercato. In considerazione di tutti gli impegni, Pioli ha già la certezza di tre rinforzi di un certo peso: Mandzukic per l’attacco (oggi il primo allenamento), Meité per il centrocampo (debutto già certifi cato ieri a Cagliari) e Tomori per la difesa (aff are in via di definizione). Nulla viene lasciato al caso, rispetto alla diretta concorrenza: l’Inter ha già annunciato il ritiro dalle trattative (ma la sua rosa è più che mai completa, ulteriori richieste avrebbero solo il sapore del capriccio: via Eriksen per Paredes, per esempio), la Juve si muove più per il futuro che per il presente, Roma, Napoli e Lazio possono cercare solo piccole correzioni purché a basso costo.

E non passi inosservato l’arrivo di Mandzukic a Milanello, perché il croato può ancora fare la diff erenza sia come vice Ibra sia come partner di Ibra, tanta è la sua dedizione al lavoro e al collettivo quando indossa una maglia. Da qui a maggio, il viaggio verso lo scudetto sarà ancora lungo e pieno di sorprese, ma mai come questa volta il titolo d’inverno, che sia condiviso o no con l’Inter, può essere indicativo sul verdetto finale.


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