Milan, adesso il Diavolo farà l’americano

L'ingresso di RedBird può valere il cambio epocale del modello gestionale del calcio italiano
Milan, adesso il Diavolo farà l’americano© ANSA
Alessandro F.Giudice
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Il passaggio del Milan da Elliott a RedBird Capital Partners, fondo americano specializzato nella valorizzazione di asset sportivi, può segnare un cambio epocale nel modello gestionale del calcio italiano. Per la prima volta, infatti, non solo un operatore finanziario acquista un club di Serie A ma una delle franchigie più conosciute dello sport mondiale (gli Yankees) entra direttamente nel Milan con una quota di minoranza. Nel comunicato che annuncia il closing dell’operazione, siglato ieri mattina, Gerry Cardinale dichiara “l’impegno a raggiungere il successo in campo” supportando i giocatori e l’area tecnica “per consentire ai nostri tifosi di condividere le straordinarie esperienze di questo Club storico”. Ma spiega per quali strade intende raggiungere l’obiettivo di “mantenere il Milan al vertice del calcio europeo e mondiale” ovvero “sfruttare la nostra rete globale di sport e media, la nostra esperienza nella raccolta e analisi dei dati, il nostro track record nello sviluppo di stadi sportivi e ospitalità”
 
Una missione in cui sono raccolte tutte le competenze che RedBird può dispiegare, sfruttando un’esperienza solida nella gestione sportiva in ambiti diversi: dal calcio con una quota in Fenway (proprietaria del Liverpool) e col Tolosa, al baseball (Boston Red Sox), dall’hockey (Pittsburgh Penguins) al cricket (Rajastan Royals). 

RedBird può aggiungere valore al Milan proseguendo la costruzione di ricavi commerciali legati al brand e l’apertura di canali finora inesplorati per la diffusione dei contenuti. La partecipazione del fondo texano Main Street (anticipata dal Financial Times) non sarà nel club ma attraverso una partnership con RedBird, da cui il Milan può arricchirsi del contributo di immagine di superstar sportive che vi investono, come LeBron James. La società con Yankees Entertainment Group, si legge nel comunicato, è invece frutto di “una relazione pluridecennale con i New York Yankees e la famiglia Steinbrenner che ha portato alla creazione di alcune delle attività di maggior successo nello sport, nell’intrattenimento e nell’hospitality”.  

Elliott esce dal Milan con un guadagno importante e manterrà due membri nel nuovo CdA, avendo cofinanziato l’operazione con un vendor loan (di cui non è ancora nota l’entità, ma 600 milioni al massimo) da rimborsare in tre anni: una soluzione finanziaria non infrequente nelle operazioni dei fondi di private equity. Difficilmente l’investimento nel Milan avrebbe potuto risultare, a consuntivo, più brillante per Elliott ma anche per il Milan. 

Elliott ha introdotto in Serie A modelli di gestione di stampo anglosassone, soprattutto indirizzati alla creazione di valore perché basati sul presupposto che una società di calcio è un’azienda come le altre, il cui fine è soddisfare anche le aspettative di chi vi investe capitali. Creare valore finanziario significa, per un’azienda, generare in modo stabile e duraturo più risorse di quante ne assorbano la copertura dei costi di gestione e il sostegno degli investimenti. Da sempre, invece, domina in Italia una cultura che ritiene inevitabile produrre perdite per soddisfare il godimento immediato dei tifosi, da privilegiare sempre agli azionisti. Ciò era legittimato dalla coincidenza di queste due figure (azionisti e tifosi) con presidenti mecenati che erano essi stessi i primi fan della squadra. Elliott ha corretto questo squilibrio di posizioni, affermando la necessità di non sacrificare gli azionisti a beneficio dei tifosi se si vuole mantenere solida negli anni la posizione competitiva del club, indipendentemente dalle stanchezze dei gruppi proprietari, da cambi generazionali o dall’esaurimento delle risorse familiari. In questo, la rinuncia a costosi rinnovi di giocatori in scadenza e ad assecondare richieste economiche dei procuratori sta già facendo scuola. 

Molti ritenevano incompatibili col successo sportivo modelli gestionali rispettosi del capitale investito: credenza smentita dallo scudetto ma forse, più ancora, dalla stabile posizione raggiunta dalla squadra di Pioli nella élite del campionato con una squadra giovanissima e il monte ingaggi inferiore alle concorrenti. A conferma del fatto che il titolo non è stato un evento casuale ma il frutto di una programmazione da trasferire ora sul palcoscenico europeo, dove il gap è ancora gigantesco e rappresenta la vera montagna da scalare per il gruppo di Cardinale. 


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