Galliani, il giorno del Condor ma fuori dal campo

Franco Ordine
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Il giorno del Condor, altrimenti noto come Adriano Galliani, un tempo plenipotenziario del Milan di Silvio Berlusconi e adesso tornato a casa, a dirigere il Monza dalla sua scrivania, ha avuto una durata brevissima, appena 16 minuti, fino al primo gol con l’uncino di Diaz. Di dolce romanticismo è stato solo il prima. L’arrivo a San Siro, scortato dalla signora Elda, dai figli e nipoti, da Ariedo Braida per assistere al vero derby del cuore, senza trascurare Paolo Berlusconi, il rappresentante della real family. Non abbiamo contato gli abbracci, con Paolo Maldini, quelli spontanei, quelli recitati per i fotografi. Oggi il rapporto tra i due, pacificato, è perfetto dopo qualche incomprensione cancellata nel passato. Nemmeno quelli con Ivan Gazidis e con i tanti visi di dipendenti del Milan con cui ha vissuto i giorni più esaltanti della sua carriera calcistica, si possono contare. «Non mi interessa il risultato» promette davanti ai microfoni di Dazn ma qualche sussulto sulla magnifica traiettoria della punizione di Ranocchia lo si avverte sulla poltrona. «Bravo Filippo, bravo» soffia all’orecchio di Braida, oggi dg della Cremonese, ma legato sempre da un cordone ombelicale che va oltre le proprie diverse trincee professionali. «Spero di riuscire a non muovere un muscolo perché so che avrò una telecamera puntata» promette ancora prima di sedersi per qualche minuto sulla panchina ospite per ammirare lo stadio, teatro dei suoi trionfi, così pieno di tifosi e così pieno di sano entusiasmo.

«Non nascondo: la lacrimuccia è già scesa», confessa ancora Adriano Galliani prima di chiudere con una sentenza che poi lo accompagna in fondo al giorno più emozionante di questa nuova avventura. «Per me Milan-Monza non è una partita, non è come le altre con Inter o Juve», spiega per poi sistemarsi lassù, nelle file riservate al club ospite. Il giorno del Condor si chiude così, con una piccola smorfia, dopo quel pesante 1 a 4 che coincide perfettamente, con il precedente della stagione 82-83. Con una differenza fondamentale. Allora il Monza, in serie B, cambiò allenatore (Fontana per Mazzetti). Qui sembra aver trovato un predestinato. Perché il calcio che Palladino riesce a far esprimere ai suoi, è farcito di geometrie e di coraggio nell’attaccare il Milan, senza timori, senza pagare lo scotto di questo arrivato in uno stadio colmo come per una finale di Champions League.


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