Furia De Laurentiis, nero di rabbia: «Koulibaly umiliato!»

Il presidente del Napoli reagisce: «Così è stata punita la vittima: mi vergogno, se questo sistema non cambia uscirò dalla Figc. Il pugno di ferro serve sì ma contro il razzismo»
Furia De Laurentiis, nero di rabbia: «Koulibaly umiliato!»
Antonio Giordano
3 min

ROMA - Gli occhi parlano e raccontano, e quasi non ci sarebbe bisogno di parole, i sentimenti di un uomo, ch’è anche un padre, un fratello maggiore, non esclusivamente un presidente, avvolto in quella nuvola irrespirabile che sembrava potesse essere spazzata via da questo calcio e che invece rimane lì a inquinare un mondo nel quale Aurelio De Laurentiis - l’uomo, il padre e il presidente, tutto assieme - farebbe adesso a meno. E non c’è ira ma delusione, né rabbia ma sofferenza umana per quest’universo lasciato sottosopra, privo di coscienza.

Il calcio ha deciso: Koulibaly non può essere «assolto» per essersi ribellato agli insulti.

«Anche stavolta il sistema, inteso come organizzazione, ha dimostrato di non sapere cambiare, punendo la vittima e non il carnefice. Mi vergogno di essere parte di questo sistema dal quale uscirò in fretta se la Figc non userà il pugno di ferro contro il razzismo. E Koulibaly viene ancora più umiliato da questa vicenda. Sono offeso per lui. La Corte d’Appello ha preferito applicare le leggi, quando avrebbe dovuto interpretarle: decisione che è una ulteriore dimostrazione di cecità e di immaturità».

Lei a San Siro non c’era: ci fosse stato De Laurentiis, sarebbe cambiato qualcosa?

«Certo non avrei ritirato la squadra. Conosco le debolezze del nostro calcio e ho accettato di giocare con queste regole, anche se sbagliate. Ma ciò non mi impedisce di fare una battaglia affinché queste regole diventino moderne».

Se ne son dette tante, in questi venti giorni circa: qual è la frase, l’espressione o il concetto che maggiormente l’hanno colpita?

«Le tante chiacchiere dalla sera di San Siro in poi ribadiscono la necessità di azzerare il calcio. Il sottosegretario Giorgetti la smetta di pensare al Southampton e cominci a immaginare nuove norme, perché quelle vigenti in questo Paese risalgono al 1981. Ci sarebbe da chiedere allo Stato, come calcio italiano, una sorta di risarcimento per la mancanza di queste nuove regole».

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