Lozano stenta, la strada è lunga
Non si paga cinquanta milioni di euro un contropiede, alla prima giornata, toccata e poi fuga da se stesso, dalla proprio esuberanza tecnica e atletica rimasta impigliata nelle baruffe classiche che uno straniero deve affrontare quando atterra in un Paese nuovo: allenamenti diversi, necessità di ambientamento, difficoltà con la lingua e con le abitudini. Ma ci sta, succede, è capitato persino ai Grandissimi e Hirving Lozano, che nella categoria vorrebbe accedere e numeri ne avrebbe perché ciò si verifichi, può almeno aggregarsi al nutrito elenco di «vittime eccellenti» del praticantato. Lozano, lo saprà anche lui, è il calciatore che ha richiesto il maggiore investimento nei novantatré anni di storia del Napoli, e magari anche questo può essere un peso da sopportare nel processo di integrazione tecnico-tattica, che prevede anche la capacità di apprendere un calcio fuori dalle proprie consuetudini, non sempre o forse anzi raramente a sinistra, nel tridente, da dove gli piace attaccare.
Gioco ‘maturo’ solo a sprazzi
Però ci sono stati i momenti in cui gli occhi si sono riempiti del Napoli, a volte part-time, altre, più raramente, per gli interi novanta minuti. E’ stato un football «maturo», europeizzato, abbagliante e quasi accecante (a Parigi e con il Psg, un anno fa; due volte con il Liverpool ma anche altre volte) nel quale si è intravista quella continuità ideologica che ha condotto sino ad Ancelotti, alla sua visione del calcio verticale, irriverente, mai muscolare e neanche rigorosamente codificato negli schemi, piuttosto qualcosa di sinfonico, alternativo nella sua modernità, senza offrire riferimenti. Un Napoli naif, che quest’anno si è acceso e si è spento, ma ha fatto tutto da solo prima a Firenze e poi a Torino con la Juventus, con il Cagliari, con il Brescia, in un gioco di luci e ombre che alla fine ha disorientato, perché poi l’ora e mezza con il Liverpool (e anche Lecce, la ripresa con il Cagliari, il primo tempo con il Brescia, i 90' con la Sampdoria) sono testimonianza di una credibilità tecnica palpabile. [...]
Manca un regista e Allan non lo è
Proviamo con il 4-3-3: un’ora o poco meno, con Lozano-Mertens-Insigne, nella interpretazione poi del 4-1-4-1, nella riproduzione del vecchio Napoli con Callejon-Martens-Insigne e infine senza più tracce del tridente, la scossa sfruttata da Ancelotti per decodificare se fosse una questione di schema, di atteggiamenti, di naturalezza o ci fosse dell’altro. Il passato è una terra lontana, perché manca qualcosa per ripiombare in quel tiki-taka che ha avuto un senso quando c’era Jorginho o alle sue spalle c’era Diawara o comunque un play che interpretasse il ruolo a modo proprio, giocando corto e poi lungo, andando negli angoli di passaggio, o fungendo da schermo dinnanzi alla difesa, collegandosi spesso in orizzontale, come richiesto da Sarri, per lasciare poi che il Napoli entrasse dentro con le mezze ali o con gli esterni. [...]
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