NAPOLI - Non va più di moda contar le pecore: è finito quel tempo, e si può vivere nell’insonnia ondeggiando tra un dribbling e una veronica. «Io faccio fatica a chiudere gli occhi, non dormo, a volte ho gli incubi». Saranno uno strazio le notti di Gattuso, e ci sarà da perdersi nelle tenebre, inseguendo un sogno o studiando se esista un metodo - fosse pure uno solo - per costruirsi un sogno. Gli avevano detto che il Barça fosse in crisi e Messi persino contrariato: poi accendi il televisore, dai un’occhiata a un sabato pomeriggio stellare, e ti rendi conto che non c’è un briciolo di verità nei racconti e che la realtà, maledizione, è addirittura peggiore della fantasia altrui. Messi non è umano, arriva da un pianeta lontano, vaga nel suo macrouniverso spaziale, segna tre gol in trentanove minuti, poi si prende una pausa e forse è semplicemente prodigo, e dopo altri quarantotto minuti, quando è già in crisi di astinenza, sistema il quarto autografo sulla partita e l’ennesima «minaccia» sul San Paolo.
Ma si ferma?
Nella umanissima «pretattica» dialettica, Gattuso ha evitato Messi e il Barça, lasciandoli ai margini del Brescia: e però poi, quando a Mompiano era finita da un battito da ciglio, ormai potendoselo permettere, l’ha confessato. «Vuole che non ci stia già pensando». È naturale starsene inchiodato con lo sguardo nel vuoto, per immaginarsi come possa costruirsi una «gabbia», dove sistemarla: ma non è mai bastata in passato e neanche ieri ne è stato capace l’Eibar, però qualcosa nelle cento ore che vanno da Brescia al Barça, bisogna inventarsi, entrando nelle pieghe d’un fenomeno che è paranormale. Messi attacca da destra, dal centro, da sinistra, non offre punti di riferimento, non ha limiti (di velocità, né di palleggio), né pudore, e il Napoli dovrà pensare anche agli «altri» dieci, ovvio, però starsene inchiodato con lo sguardo intorno a quella sagoma che sfila via, come un cobra che ti addenta alla giugulare.
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