Ferlaino: "Orsato ha negato uno scudetto a De Laurentiis"

"Messi ? Non credo che inserito altrove sia capace di vincere. I verdetti devono arrivare dal campo, non certo a tavolino"
Ferlaino: "Orsato ha negato uno scudetto a De Laurentiis"© ANSA
Antonio Giordano
6 min

NAPOLI - Ci saranno ottantanove candeline (virtuali) sulla prossima torta di compleanno e sarà ancora più bello, il prossimo diciotto maggio, soffiarci su a pieni polmoni, per spazzare via questa cappa di tristezza che soffoca e tradisce. Corrado Ferlaino ha smesso di voltarsi - e da un bel po - ma adesso ha persino abbassato le persiane sul passato, lasciandolo nascosto in una foresta nella quale non filtra neanche un’ombra di malinconia ma soltanto l’avvolgente bagliore d’una felicità che si può cogliere osservando il futuro, in uno splendido esercizio d’ottimismo. «Io ho bisogno di guardare avanti ed eventualmente di prendermi soltanto il meglio di ciò che ho vissuto». Ci sono già state tante curve, come per chiunque, in questo secolo scarso di Corrado Ferlaino che ha compreso guerre ed epidemie, dolori e paure: e però adesso è diverso, c’è un nemico che si è sistemato sopra di noi, capace di aggredire da ogni angolo e senza che se ne abbia percezione, che aggredisce frontalmente o alle spalle o come gli pare e contro al quale non ci sono difese, se non provare a starsene da soli con se stessi, rinchiusi nel proprio guscio protettivo ma mica in quello sconfinato perimetro della memoria, un labirinto nel quale ci si può smarrire. Ferlaino ha spento il televisore e rimosso qualsiasi traccia del proprio amaro vissuto, sembra quasi abbia scelto di sottoporsi a una auto-analisi, respingendo i fotogrammi più taglienti della propria esistenza e adagiandosi nella camera d’aria d’un pallone, quasi fosse uno scudo o una stanza asettica, fuori dal mondo ma non dalla realtà. E aspettando il rumore sordo del prossimo rimbalzo - un suono amico, pof - che conduca nella normalità e serva però anche a ricomporre qualche crepa. «Bergamo e Brescia sono le città di Bianchi, non ci avevo pensato: voglio chiamarlo». Perché c’è ancora un domani e tante cose che non siamo riusciti a confessare neppure a noi stessi.

Le giornate interminabili di Corrado Ferlaino come si evolvono?

«Vi sembrerà strano, ma evitando la televisione: sentir parlare di picchi, di numeri di morti, di contagi, di un terrore crescente mi mette tristezza. E allora affogo le mie ore nella lettura di qualche buon libro e anche lavorando, facendo progetti: io sono proiettato nel futuro, anche se tra un po’ compirò 89 anni, ma la mia mente è rivolta al domani e sarà così, immagino, anche alla vigilia dell’ultimo saluto».

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Lei è uscito dal Napoli agli inizi del Terzo Millennio, quando era un altro calcio.

«Diverso e però eguale. Ora mi viene il sospetto che alcuni dirigenti non abbiano ancora compreso la portata di questo dramma, lasciandosi ispirare nei ragionamenti dai propri interessi: la Juve vuole chiudere il campionato perché così lo vincerebbe, chi sta in coda o teme di retrocedere fa altrettanto per evitare la serie B. E invece servirebbero idee fondate sulla collaborazione e attraverso la costituzione di un pensatoio che studi formule e sistemi per ripartire».

E’ già così difficile far andar d’accordo due persone e lei immagina persino un consesso allargato?

«Io penso che Agnelli sia una certezza e un referente che, nel confronto, tornerebbe utile; così come Lotito, che ha interessi divergenti da quelli della Juventus. E poi, super partes, chi ha dato dimostrazione in campo e fuori di essere illuminato: mi piace molto Percassi, che ha costruito un autentico miracolo; e propenderei poi per De Laurentiis che, negli ultimi campionati, ha rappresentato con il Napoli il contro-potere tecnico. Nel 2018 lo scudetto gli è stato negato, diciamo così, dalle decisioni di Orsato in Inter-Juventus. Perché quello scudetto sarebbe finito qui da noi».

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Travolti dalla crisi, quindi soffocati fino alle estreme conseguenze...?

«La rovina è dietro la porta, perché la ragionevolezza durerà un attimo. Poi, tranne per chi ha già dimostrato lungimiranza, si tornerà a correre verso l’acquisto più costoso, il contratto più elevato, i bonus più invitanti. Il sistema è corroso da dentro, ci sono procuratori - e a me non stanno simpatici - che giocano su più tavoli, perché vivono di provvigioni e ogni cessione muove capitali. E a loro non interessa altro che spostare i propri assistiti. Negli Anni Ottanta, gli incassi erano limitati al botteghino, al Totocalcio, a qualche sponsor che cominciò a comparire. Ora la Champions è un gettito di danaro che però viene bruciato, spesso, da spese colossali che non arrecano beneficio. Quanti sono i calciatori al mondo che cambiano, sul serio, la fisionomia di una squadra? Senza voler essere paradossale, ma Messi, altrove, farebbe vincere come riuscì a Maradona con il Napoli e l’Argentina? Ne dubito, perché fuori dal contesto Barcellona, con la sua Nazionale, non mi sembra sia riuscito ad ottenere risultati indimenticabili».

Lei sta demolendo sei palloni d’oro.

«Io sto esprimendo la mia opinione applicata alle verità. Perché non credo che Messi, inserito altrove, sia capace di far vincere a un club ciò che quel club non è stato in grado di conquistare fino a quel momento. Neanche Ronaldo ha portato la Champions alla Juventus, però le ha ridato in scioltezza lo scudetto che il Napoli le aveva quasi strappato. Ecco, questo tipo di giocatori fanno la differenza, gli altri si limitano a migliorarti un po’». [...]

Leggi l'intervista completa nell'edizione odierna del Corriere dello Sport - Stadio


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