Napoli, va finito il lavoro di Benitez

Napoli, va finito il lavoro di Benitez© LAPRESSE
Antonio Giordano
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Questa non è la Coppa dei poveri e viverla dà un senso alla propria esistenza, altrimenti confinata nel giardino di casa, dentro mura che sanno persino di provincialismo: se Villarreal, Siviglia (per quattro volte volte), Atletico Madrid (due), Chelsea (due), United negli ultimi dieci anni sono riuscite a portarsi l’Europa League a casa, ci sarà pure un motivo, e non dev’essere principalmente di carattere economico, visto il distacco con cui si va a rovistare nel conto corrente d’una manifestazione che non elargisce ricchezza ma, a modo suo, quel prestigio che la Spagna per otto volte e la Gran Bretagna per due hanno inseguito e conquistato, abbellendo le proprie bacheche. Non si diventa «grandi» senza attraversare (pure) la tormenta dell’Europa League, assorbire le sue difficoltà, domarle, costruirsi una dimensione abituandosi a lottare su più fronti, saltellando dal giovedì alla domenica da un’emozione all’altra: il Napoli di Spalletti ha fatto - in appena tre mesi - progressi imprevedibili, s’è impadronito d’un calcio nuovo, si è arricchito d’una personalità insospettabile e ora deve irrobustirsi d’una autorevolezza che va alimentata in quest’Europa League utile per guardarsi dentro e rimuovere le debolezze che hanno caratterizzato il suo recente passato, la sua evoluzione internazionale, rimasta impigliata nella delusione del 2015, in quella semifinale che Benitez si regalò e che andandola a scovare nella memoria riapre una ferita mai seriamente suturata.  

L’Europa League, quel «fastidioso» appuntamento che sta a metà tra un capitolo e l’altro di quel sogno che si chiama scudetto, viene sottilmente e anche spudoratamente considerata una specie di trofeo d’un dio minore, un noioso appuntamento che rischia di distrarre e d’assorbire energia: ma in queste notti meno magiche, però egualmente affascinanti, c’è un percorso che aiuta a comprendere quali siano i propri limiti e dove conducano i personalissimi pregi, quanto reale sia la propria statura e dove possa atterrare quel talento che ha abbagliato anche Spalletti, capace di rimodellarlo a modo suo. L’Europa League, e quindi il Legia e poi di nuovo il Legia e lo Spartak e il Leicester, è un esame di maturità, può tornare utile per comprendere quanto sia cambiato il Napoli, se realmente stia crescendo senza paura e senza frontiere, se insomma c’è il pericolo di dover dondolare nell’incertezza, portandosi appresso (ancora) qualche dubbio sulla sua autentica natura.

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