Cannavaro esclusivo: "Napoli senza paura. Il Pallone d'Oro? A Lewandowski"

Sulla lotta scudetto: "Inzaghi non può perdere. Il Milan mi sta impressionando, la Juve non va sottovalutata. E Sarri sta plasmando i suoi campioni"
Fabio Cannavaro, Liverpool-Juve (stagione 2004/2005)© ANSA
Antonio Giordano
6 min

NAPOLI - L uomo che ha vissuto tante vi te - in Italia e in Spagna, in Cina e negli Emirati - e altre ancora ne attraverserà, mentre se ne sta con lo sguardo perduto negli occhi dei propri figli, in una Londra che incanta, può andare a leggere (anche) dentro al proprio Pallone d’Oro per provare ad intrufolarsi con elegante autorevolezza in questo mondo che gli appartiene. E’ stato un 2021 così bello che non si può rischiare di rovinarlo proprio adesso, sul finire, nella bruma di Belfast che un po’ ricorda certe notti del passato, e Fabio Cannavaro, che al San Paolo si giocò la qualificazione a un Mondiale, parte da lì, in questo viaggio immaginifico nelle emozioni. C’è un’Italia che vibra, in quest’ora e mezza densa di paura, ma c’è un universo, ed è il suo, che sta per srotolare altro, le grandi sfide scudetto, le incognite d’un campionato all’orizzonte dalle quali lasciarsi catturare. Sono trascorsi appena centoventisette giorni dal trionfo dell’Europeo e stavolta, ma va, ci ritroviamo su un crinale: e in quel pizzico di smarrimento, nella perfida senzazione di terrore, per non lasciarci sfuggire la bellezza perduta, Fabio Cannavaro scorge un solo segreto. «Restare se stessi». 

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Cosa è cambiato in quattro mesi?  
«Niente di speciale. Il calo è legittimo ed è fisiologico. Non c’è stato appagamento né leggerezza. Un po’ ci hanno frenato gli episodi e un po’ qualche problema che ha sottratto uomini. E’ chiaro che sarebbe stato preferibile chiuderla prima, ma visto che siamo costretti facciamolo adesso: giocando come sappiamo, palleggio e fantasia, tutto quello che Mancini e i suoi ragazzi ci hanno regalato non soltanto nella fase finale dell’Europeo ma in questi anni della sua gestione».  
 
E se capita un rigore...?  
«Ci vada chi si sente in grado di tirarlo, anche Jorginho, che non può essere brutalizzato per averlo sbagliato. Ho visto, nella mia carriera, gente di spessore girare la testa, mentre il pallone stava sul dischetto. E a scegliere sono i calciatori, non l’allenatore. Bisogna avere calma nel leggere le sensazioni del proprio corpo».  
 

E ignorare Svizzera-Bulgaria.  
«Si fa la nostra partita, per vincerla, senza ansia, con quella autorevolezza che ha rappresentato il marchio di fabbrica. Sfortuna ne abbiamo avuta e avendo già dato ci auguriamo sia finita qua. Io ho solo paura perché siamo a novembre, in genere un periodaccio per noi, perché ci portiamo appresso le scorie delle prime fatiche. Ma sono anche ottimista perché c’è così tanta qualità».  

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Si entra in una settimana vibrante: sabato il Milan a Firenze, domenica l’Inter aspetterà il Napoli.  
«Il Milan è la squadra che mi sta piacendo di più, gioca bene e lo fa con una naturalezza che impressiona. È dentro un Progetto a cui sta dando continuità di risultati, sanno dove vogliono arrivare e hanno scelto di farlo rubando l’occhio. Alla ripresa va a Firenze, contro un’avversaria che ha una propria identità e ti toglie il fiato. Però è una delle tre che si giocherà lo scudetto, anche se c’è sempre una quarta della quale bisognerà diffidare».  
 
Le altre due, per cominciare, si sfidano a San Siro.  
«Premesso che è ancora presto, che i campionati si decidono a marzo, che poi verrà la Coppa d’Africa e tutto il bla-bla-bla che conosciamo, Inter-Napoli può incidere in maniera anche definitiva o almeno indirizzare la stagione. Inzaghi deve vincerla, almeno non perderla, per non ritrovarsi troppo distante; e Spalletti vorrà invece una risposta chiara in uno scontro diretto: è consapevole che gare del genere valgano più delle altre per l’autostima del gruppo. E fanno la differenza non solo aritmeticamente. Il Napoli ha tanto del suo allenatore, che sa essere contemporaneamente leader e aziendalista, toccando sempre le corde giuste».  
 
La quarta “misteriosa” indiziata ha le fattezze di una Vecchia Signora.  
«La Juventus non è mai fuori. Ha la vittoria nel suo Dna. Stanno sul pezzo, magari soffrono ma non mollano mai, stanno sul pezzo e Allegri poi si trasforma in garanzia».  

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Cannavaro, ma il pallone d’oro lei a chi lo darebbe?  
«Messi ne ha già talmente tanti che può farne a meno, anch e se ha vinto la Coppa America con l’Argentina. E Jorginho mi capirà se dico Lewandowski: l’avrebbe meritato un anno fa, quando non fu assegnato. Fece cose straordinarie in quei mesi duri e difficili. Ma comunque e persino a prescindere da ogni altro discorso, chi ama il calcio non può che amare Lewandowski».

Tutta l'intervista esclusiva sull’edizione del Corriere dello Sport – Stadio


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