Napoli, il capolavoro di Spalletti

Napoli, il capolavoro di Spalletti© ANSA
Alessandro Barbano
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È la vittoria di Spalletti e insieme la prova di quanto sia cresciuto il Napoli nelle sue mani. La squadra che sbanca San Siro risolve l’interrogativo, sollevato dagli infortuni, su chi siano gli azzurri titolari. Non c’è più un Napoli uno e un Napoli due. Poiché Elmas sta a Insigne come Lozano a Politano, come Lobotka a Fabian Ruiz, Juan Jesus a Rrahmani, e Rrahmani a Koulibaly. Tutti stanno a tutti, ciascuno interpreta il ruolo con la stessa umiltà, concentrazione e maturità tattica. Qualità che fanno sfumare le diff erenze tecniche e atletiche dei singoli. È il risultato di un lavoro enorme.

Poi c’è l’intuitiva saggezza del tecnico toscano. Che azzecca dall’inizio la formazione. Preferisce Petagna a Mertens perché sa che, se il Milan schiacciasse gli azzurri nella loro tre-quarti, le occasioni per Ibra sarebbero troppe per essere fronteggiate da una difesa d’emergenza. E il robusto centroboa risponde all’appello, allungando la squadra e aiutando il centrocampo a venire fuori dal pressing rossonero. Sta qui la chiave del successo. Nei duelli uno contro uno, il Napoli la spunta quasi sempre sui rivali, perché la posizione di Petagna è un’alternativa costante per suggerire, triangolare, o semplicemente alleggerire il peso del possesso palla. Il resto lo fanno la giornata di grazia di Zielinski, la caparbia fantasia di Lozano, i guizzi di Elmas, pur contenuti dal bravo Florenzi (il migliore del Milan), la diligente copertura di Anguissa e, sulle fasce, la spinta del duo Malcuit-Di Lorenzo. Il risultato è che Tonali è così arretrato da sembrare un libero aggiunto, Brahim Diaz è l’ombra del piccolo Messi che era parso nelle prime giornate di campionato, Krunic è un fantasma costantemente anticipato, Ibrahimovic prova una sofferta solitudine. Il Milan che spinge per novanta minuti pare un animale ferito che va incontro alla fi ne con la coscienza ottenebrata dal dolore.

Il Napoli s’è fatto più furbo. Ha imparato a fare i cosiddetti falli semitattici, quelli che servono per spezzare l’azione ogni volta che si perde palla, senza beccare l’ammonizione. Con un arbitro che lascia giocare, come Massa, la mossa vale a negare ai rossoneri qualunque chance di contropiede. Pioli casca nella rete, cerca l’affondo sulla fascia destra con Messias, poiché l’assenza di Theo Hernandez gli toglie l’alternativa a sinistra, ma è sulla tre-quarti che i rossoneri perdono costantemente il confronto con gli avversari. E quando tardivamente il tecnico parmense mette Saelemaekers e Giroud, Spalletti gli risponde con un difensore in più e la difesa a cinque.

L’uscita di Petagna costa al Napoli il forcing che il tecnico azzurro avrebbe voluto scongiurare, ma che a San Siro negli ultimi minuti è quasi inevitabile. Il gol annullato per fuorigioco ne è la conseguenza, ma l’irregolarità dell’azione è chiara a chiunque conosca le regole del calcio, tranne ai commentatori di Dazn. La posizione di Giroud è chiaramente attiva, poiché con le gambe l’attaccante del Milan cinge da destra e da sinistra Juan Jesus che respinge la palla prima che questa giunga a Kessie per il colpo finale. Il risultato della partitissima è fedele al diverso grado di maturità delle due squadre. Il Napoli è l’anti-Inter per come ha gestito sul piano del gioco un’inaudita catena di infortuni. Il titolo di campione d’inverno, che la vittoria di Spalletti regala a Inzaghi, suona come un sinistro avvertimento al tecnico nerazzurro. I giochi sono ancora tutti da fare.


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