Napoli, un segnale da tre punti oltre il tiraggiro

Napoli, un segnale da tre punti oltre il tiraggiro© Getty Images
Antonio Giordano
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Tagsnapoli

E così, quasi senza accorgersene, il Napoli s’è già ritrovato proiettato nel futuro: ha cominciato a leggere in se stesso, tra le pieghe di questo quadrimestre che l’attende; ha dovuto sopportare l’ennesimo tackle del destino, l’ha sfidato frontalmente e poi s’è ribellato, provando a raccontarsi che comunque c’è un’esistenza oltre il «tiraggiro». Quando Lorenzo Insigne s’è inginocchiato, e nell’aria s’è avuta la percezione che ci fosse una mano oscura ad orientare la sorte, il Napoli ha smesso d’appoggiarsi ad uno scugnizzo che pure, in dieci anni, gli ha regalato centoquattordici gol e talmente tanto miele da addolcirgli il palato a prescindere: ma in quel preciso istante - mezz’ora appena di partita, le ombre del Toronto quasi padrone della scena, il sospetto d’essere piombato in un infernale girone dantesco - stava per cominciare un’altra vita, che vieterà di voltarsi per rimpiangere quella precedente.

Il Napoli che batte la Sampdoria lo fa senza Anguissa, Koulibaly, Osimhen, Mario Rui, Zielinski, Fabian Ruiz (valgono solo per incoraggiamento i suoi 9') Lozano, Malcuit, Meret, Ounas e poi pure Insigne: quindi, a partita in corso, diventano sette titolari a cui aggiungere le loro principali controfigure. Non si possono definire dettagli, questi, e il peso del successo si dilata poco dopo, perché è utile a Spalletti per starsene a distanza dalla Juventus, il «nemico» più pericoloso che sta oltre la zona-Champions e della quale non ci si può fidare, come suggerisce pure l'Olimpico: in quei tre punti, c’è il carattere d’acciaio d’una squadra sventrata dalla «maledizione» e però anche un’aristocratica eleganza nell’impadronirsi delle sfide e plasmarle ad immagine e somiglianza di Luciano Spalletti, che ne è il designer. Nessuno può immaginare cosa seriamente si nasconda nello spazio e nel tempo che finirà per accompagnare sino a maggio, il capolinea di un’epoca nella quale ancora palpita un progetto (ma sul quale poi sarà indispensabile per De Laurentiis intervenire), e però l’«immensità» del Napoli, la sciccheria del suo calcio, l’esuberanza del talento che sembra non evaporare mai, neppure al cospetto di pandemie, «quarantene» e Coppe d’Africa rappresentano un segnale o persino una prova di forza che la fitta al cuore, mentre Insigne deve uscire, s’alimenta da sé, rigenerandone l’anima e ricostruendone pure l’allegria, fino a far gonfiare l'autostima. Ci sarebbe da sussurrare «touché», in momenti del genere, dinnanzi alla Bellezza!


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