Napoli e Spalletti, dalla Panda al camper

Napoli e Spalletti, dalla Panda al camper© ANSA
Antonio Giordano
3 min

Proprio nel giorno in cui Luciano Spalletti ribadisce la propria leadership, Napoli s’arrovella su se stessa, conta il terzo striscione consecutivo e risente nell’aria quel venticello calunnioso d’una insoddisfazione ch’è figlia d’un tempo perduto. Nell’analisi dettagliata d’una stagione esaltante sino al 3 aprile, pur ingarbugliandosi in alcuni frammenti d’un discorso articolato, Spalletti ha sostanzialmente avuto la forza e il coraggio d’essere chiaro, di ripercorrere i suoi nove mesi avviati nell’indifferenza - nel catastrofismo - di massa, e ha attirato su di sé competenze che non gli spetterebbero, in un clima da «caccia alle streghe» o peggio ancora al colpevole di non si sa bene quale reato.

Uscendo da quella narrazione che un po’ gli appartiene, l’uomo che «avverte ovunque fantasmi» ha rimosso le ombre, ha affrontato con leggerezza (leggerezza: guai confonderla con superficialità) lo scabroso argomento della «Panda», ha abbandonato la propria stanza d’albergo e s’è messo a girellare in camper. Può capitare di sbandare in qualche curva, ed è successo anche a Spalletti, però sempre restando in un confronto civile e semmai serrato, in un dibattito frontale e comunque limpido, che non lascia retro pensieri e che diventa semmai materia per incamminarsi nelle viscere dei sotterranei.

Lo Spalletti «napoletano», al termine del suo primo mandato, ha incorporato in sé altre funzioni, anche quella della comunicazione - infarcita nelle ultime settimane da tweet che si smentiscono tra di loro ed a poche ore di distanza, da ritiri annunciati e poi rimossi, da messaggi opachi e contraddittori - e ha sottolineato la statura e la personalità pure al di fuori della propria area tecnica, impadronendosi legittimamente di un settore e tentando di fronteggiare una deriva insospettabile per chi ha appena conquistato il terzo posto dopo essersi trovato al suo arrivo tra le macerie.

Ma tutto ciò non è colpa della stampa e stavolta nella riflessione non c’è corporativismo, perché è ben chiaro a chiunque che in qualsiasi settore dell’universo - informazione inclusa - non esiste né la perfezione e né la purezza più assoluta. I pozzi delle acque, in quest’ultimo mese, sono stati però inquinati dall’alto, dalla sorgente, con calcolo o con imprudenza è impossibile prevederlo ma semmai si può sospettarlo, e i messaggi inviati rappresentano la matrice di quest’atmosfera torbida che si respira a Napoli e che Spalletti, evitando l’uso dei «diserbanti» - e pur con qualche eccesso poi rientrato - ha dovuto tentare di ripulire da sé, da solo. Come se fosse il garante di una serenità interiore che invece dovrebbe essergli garantita da De Laurentiis.


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