Se Maradona ci appare anche da morto

Ci si abitua a tutto, ma non all’estinzione corporale dei miti
Se Maradona ci appare anche da morto
Giancarlo Dotto
4 min

Non si smentisce l’ingordigia divina del Pibe. Non pago di esserci apparso da vivo una quantità di volte, Diego si è ingegnato ad apparirci anche da morto. Magnifica allucinazione la prima nel contesto di folle e palloni deliranti, decisamente più inquietante la seconda. Siamo in ogni caso nella sconfinata fantasmagoria senza tempo e senza cancelli di Pibelandia. Il fantasma di Diego si è palesato l’ultima volta venerdì scorso nello stadio de La Plata, per una volta adibito nella riedizione della grotta di Lourdes. L’occasione, il match tra il Gimnasia, l’ultimo club da lui allenato dal 2019 fino alla sua morte, e il Patronato. Lui, Diego, abilmente mescolato in tribuna tra la folla. Ma beccato dal cecchino che non crede ai suoi occhi e per questo lo fotografa. Lo spettro intercettato e postato su Twitter dall’account privato della Bernadette di turno, e tutti a gridare al miracolo.  

Social in fiamme, ustioni di prima grado. «Incredibile somiglianza!». Atti di fede a buon mercato. «Io ho scelto di crederci, è lui, Diego, in realtà non se n’è mai andato». Qualche giorno prima sui gradoni di Wembley, stessa solfa, stesso abbaglio o miraggio, nella Finalissima tra Argentina e Italia. Diego tra la folla. Si sprecano le apparizioni celesti segnalate qua e là, quella recente sul cielo di Paranà, notte di luna piena, Diego di spalle con la maglia numero 10 che volteggiava tra le nuvole. Che sia davvero lo zombi redivivo di Maradona o un banale caso di coincidenza somatica aiutato da una sbornia di Fernandito, il cocktail argentino a base di Fernet, sta di fatto che la voglia di Diego, chiamatela nostalgia, chiamatela mancanza, ancora di più privazione, non demorde. Alla faccia di tutti i senza Dio davvero convinti che Diego Armando Maradona si sia rapidamente decomposto nel cimitero di Jardin Bella Vista, sulla collina di casa sua, non lontano dai suoi amati genitori. Finalmente fuori da quella macabra lotteria che era diventata la sua esistenza. 

Da quel giorno, 25 novembre 2020, in cui lo stupore è stato più forte del dolore, più forte del lutto e di tutto. Ci si abitua a tutto, ma non all’estinzione corporale dei miti. Che i miti abbiano, cioè, un deperibile corpo. L’altra ipotesi, più suggestiva, è che queste apparizioni siano come i camei di quell’altro genio di Alfred Hitchcock, spiritose incursioni nel mucchio degli umani, per farsi beffe di loro. In questo caso, varrebbe il concetto inverso, saremmo noi quelli apparsi a Maradona, parafrasando un celebre visionario di Campi Salentina, la cui mania era quella di essere apparso alla Madonna. Non si esclude nemmeno che tutto questo rosario di visioni, tutta questa ridondanza di preghiere fino a un certo punto laiche al cospetto di Diego, della sua mano ma anche del suo piede de dios, peraltro scansionato in 3D e reso immortale, da vivo, ma che importa, non siano che passaggi progressivi della beatificazione di Diego. Che avrà il suo culmine il giorno in cui apparirà là dove è nato e non è mai morto, in un campo di calcio. Magari fuoriuscendo da qualche buca stadio a lui titolato con una cetra in mano, e cantando come un usignolo «Donde estara mi primavera». 
 


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