Napoli, attrazione Kvaratskhelia: un georgiano a casa di Maradona

Si presenta nello stadio di Diego per consacrarsi e diventare la carta a sorpresa degli azzurri: ecco la storia di un talento che in ritiro ha dato spettacolo con i dribbling… e il karaoke
Napoli, attrazione Kvaratskhelia: un georgiano a casa di Maradona© FOTO MOSCA
Antonio Giordano
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Se il calcio sceglie la poesia, o se la avverte sussurrata tra i vicoli perduti della propria modernità, forse c’è ancora una speranza che non resti esclusivamente una esercitazione mnemonica o, peggio ancora, fisica: però guardando la prima finta, che con il destro porta il pallone sul sinistro per disorientare il difensore; e poi osservando la seconda, lo stesso gesto ma nel senso opposto, con l’avversario che ormai è seduto per terra, si può pure cominciare a inseguire immagini del passato, senza inventarsi dualismi e paragoni improponibili. Intanto, per rimuovere equivoci, meglio evitare accostamenti: e KK stia per Khvicha Kvaratskhelia, che non può essere un K2 - non ora - per tanti ed evidenti motivi: non fa il centrale, non è gigantesco, non è neppure ancora il leader che se n’è appena andato, lasciando Napoli in un mare di lacrime. Però il giovanotto, 21 anni compiuti a febbraio, ha dentro di sé qualcosa che trascina l’immaginazione, l’avvicina un po' a Causio e un pochino a Bruno Conti e a tratti sembra di rivedere Claudio Sala, altrimenti che "poeta" sarebbe.

«Ho iniziato a giocare a 8 anni e da quel momento ho pensato solo al calcio, la cosa più importante della mia vita. Mio padre era un ottimo calciatore in Azerbaigian, ma io non ho cominciato perché lui era un calciatore, ero io a volerlo fare, a voler allenarmi. Non c'era bisogno che qualcuno mi dicesse di farlo». Gli è venuto, così, naturale, mettersi a sinistra, affondare, convergere, saltare l’uomo e anche se stesso, per andare oltre, un bel giorno in cui, quasi dal nulla, gli arrivò una telefonata di quelle che ti cambiano l’esistenza. «Ero in Nazionale per giocare delle amichevoli, il mio agente mi chiamò dicendo che c'era questa possibilità di trasferirsi in Italia, al Napoli. Erano due anni che il mio agente parlava col Napoli, una delle squadre più importanti al mondo e sono felice di essere qui». In quel macro-universo che t’assorbe, ma per intero, e che rischia di soffocarti, perché le attese e le pressioni sono gigantesche, più di quella fascia nella quale ha ondeggiato Insigne, profeta in patria a volte e altre no, certo un prestigiatore della corsia che lascia un’eredità pesante, da eludere con un dribbling o con un tunnel, con una di quelle spavalde giocate che Kvara ha spruzzato tra Dimaro-Folgarida e Castel di Sangro e sfruttate per presentarsi a modo suo. 

Kvara football

Gli va a genio il karaoke, e pure questo è indizio di affinità con una città in cui la musica ha espresso geni; gli piace esibirsi dal dischetto o anche su quelle punizioni che sempre qua hanno avuto illustri maestri, compreso l’autentico dio; e comunque dev’essere il codice genetico ad aver stabilito alcuni principi sacri e il Napoli, visto che ha scommesso su Kvara, magari resterà a dare una sbirciatina in Georgia, perché in famiglia il buon sangue non mente. «Ho due fratelli, uno più grande e uno più piccolo, di 12 anni, che è un ottimo calciatore». Il ponte per il futuro - che parte da Tblisi e arriva sino al 'Maradona' - può cominciare a costruirlo Khvicha Kvaratskhelia, con quella sua andatura ciondolante, la tendenza a curvarsi sempre per cercare gli appoggi, poi la sterzata micidiale - quella che fa male - e ancora la conversione: è il calcio di un’epoca apparentemente lontana, sembra l’esercitazione di un solista, ma poi un assist, con tocco sotto e conseguente cucchiaio, è stato utile per accorgersi che in lui c’è pure dell’altruismo. E non c’è da preoccuparsi se il suo idolo si chiami Stephen Curry: un titolo nobiliare in più. Il ragazzo ha (anche) gusto, non c’è che dire.


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