Il Napoli deve imparare dalle sconfitte

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Il Napoli deve imparare dalle sconfitte© Getty Images
Alessandro Barbano
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La notte di Liverpool dimostra che il Napoli è umano, che a dispetto del suo carattere e della sua classe conserva un punto di fragilità con cui sarà necessario fare i conti. Ma non per questo è meno ammirevole. Non solo perché chiude primo il girone di Champions, ma perché per novanta minuti tiene testa ai Reds e per lunghi tratti li domina, imponendo il suo gioco. Questa sconfitta è a suo modo una prova di crescita. Poiché la squadra di Spalletti non sbaglia tatticamente niente, interpretando alla perfezione il compito assegnatogli dal tecnico: contenere gli inglesi tenendo alto il baricentro del gioco, raddoppiare in marcatura difensiva per impedire a Salah e Firmino di passare tra le linee, e cercare di affondare in contropiede, ancorché stavolta, a differenza di quanto accadde all’andata al Maradona, trova di fronte la coppia dei centrali, van Dijk e Konaté, nelle migliori condizioni. Così non ha vita facile Osimhen. E lo stesso Kvara, dopo un primo tempo in cui pure fa venire il mal di mare ad Alexander-Arnold, nella ripresa accusa qualche segno di stanchezza. 

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Il Liverpool nel suo stadio è ancora una delle squadre più forti d’Europa, a dispetto della non esaltante stagione in Premier. Capace di giocare novanta minuti con lo stesso ritmo, e di non disunirsi mai. Forse a metà del secondo tempo, dopo il gol annullato per un fuorigioco millimetrico a Ostigard, il Napoli mostra una lieve caduta di tensione, rassegnandosi a controllare la gara e rinunciando a ritentare di portarsi in vantaggio. L’episodio del gol annullato è uno spartiacque nella gara. Perché suona come una sveglia per gli uomini di Klopp e li induce a spendere quella riserva rabbiosa di energie che una grande squadra, nelle avversità, deve riuscire a trovare. Qui il Napoli si fa scoprire impreparato. E non è un caso che conceda proprio nel finale di gara i due calci d’angolo su cui vengono i gol dei padroni di casa. La cui superiorità fisica nel gioco aereo finisce per fare la differenza. 

Ma al netto di questo comprensibile punto di fragilità, gli azzurri conquista no una qualificazione a pieni voti, in un crescendo di maturità. Dimostrano di avere un centrocampo duttile e tatticamente ordinato, sotto la guida di un Lobotka ancora una volta straordinario. Esprimono sicurezza in difesa, dove la prestazione di Kim è da incorniciare, e i due ingressi di Ostigard e Olivera garantiscono una risposta agonistica migliore, anche se in fase di costruzione del gioco si sente la mancanza della sapiente regia di Mario Rui.

La prima prevedibile battuta d’arresto della stagione merita ora una riflessione. Da sconfitte come quella di ieri si può e si deve imparare, trasferendo la lezione di Liverpool sul campionato. A cominciare da sabato a Bergamo, dove la battaglia non sarà meno intensa. 


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