Napoli, dieci indizi per la panchina: tutti i nomi

Per sostituire Spalletti, De Laurentiis si è messo al telefono: "Ho una decina di nomi, serve uno da 4-3-3"
Antonio Giordano
4 min

Il Mondo in una stanza: perché ci sono un portoghese, un brasiliano, un italiano (con la minuscola o anche con la maiuscola, come preferite), magari ci sarà pure un tedesco mentre è sparito l’asturiano, e non c’è niente da ridere ma neanche da piangere. Questo è il calcio, che d’estate non conosce mezze misure, preferisce lasciar largheggiare tra i sogni o nei Progetti, lasciandolo modellare a misura d’uomo: e Aurelio De Laurentiis, che ha se stesso come modello di riferimento, ha afferrato le sue vecchie strategie e le ha sistemate intorno ai propri pensieri svelati al Tgr Campania. «Luis Enrique è un grande allenatore, ha fatto bene con il Barcellona ma penso abbia la Premier League in mente. Ci sono campionati più attraenti del nostro, io posso dirgli che lì non c'è il Golfo e c’è la nebbia, che non si mangia bene come da noi, ma più di questo...». Gli affari, a volte, sono affari di cuore, semmai richiami dell’anima e ora che Luis Enrique s’è sfilato ufficialmente via perché è attratto dall’Inghilterra ma pure dal Psg e dalla Seleçao, intorno alla panchina del Napoli più che ombre c’è una fila (reale) di tecnici che rientrano in quel casting già allestito in passato e riproposto adesso, per cercare un erede di Luciano Spalletti, uno stratega mica solo un allenatore. «Valutiamo figure che abbiano nel loro dna il 4-3-3, il nostro modulo di riferimento. Sto valutando una decina di profili e sto verificando quello adatto a continuare questo ciclo». 

De Laurentiis e i nomi che tornano

Scavando tra i ricordi, per completare quel puzzle, Aurelio De Laurentiis ha tirato fuori le sensazioni del primo semestre del 2021, sfruttato interamente a raccogliere anche a pelle indizi utili: Spalletti fu una delle primissime scelte, conquistò immediatamente la considerazione di Adl, che nel giro di perlustrazioni ebbe contatti frequenti anche con Sergio Conceiçao, per una notte o giù di lì virtualmente accomodato sulla panchina azzurra. Certe storie si ricostruiscono così, a memoria, e Conceiçao è tornato di moda, nonostante privilegi sistemi diversi, usi poco il tridente, ma parte comunque dalla difesa a quattro. DeLa ha ne ha parlato con Jorge Mendes ma il problema, serio, stavolta è la clausola liberatoria che l’ex calciatore della Lazio, del Parma e dell’Inter ha con il Porto e quei dieci milioni, necessari per procedere nelle chiacchierate, rappresentano un ostacolo rilevante. Ma De Laurentiis ha sempre avuto una debolezza per Vincenzo Italiano, pubblicamente elogiato (per depistare?), ne ha apprezzato lo stile del suo calcio, una umiltà che l’ha conquistato e pure una sana ambizione: ma il 7 giugno c’è la finale della Fiorentina in Conference, degli appuntamenti per la Storia e delle tensioni che creano bisogna aver rispetto, e Commisso poi è un amico. Con il quale, nel caso, ci sarà poi modo di chiacchierare.

La pista brasiliana per la panchina del Napoli

La terza via c’è, sta sulle mappe, conduce dritto a Thiago Motta, altro esponente del tridente, internazionale nel codice genetico da calciatore, un rappresentante della nouvelle vague che ha magnetismo, il fascino del bel calcio, una autorevolezza che ha un peso. Le voci, si sa, corrono, e Nagelsmann è stato il primo allenatore accostato ad Adl, frenato da quei dieci milioni da riconoscere al Bayern Monaco, nel caso di approccio felice. Ma il tempo stavolta non stringe, la priorità resta (apparentemente) la festa di domenica, il telefono è a portata di mano e il tridente sta lì, pronto per essere consegnato a chi riuscirà a sedurre un uomo che ha sostanzialmente fiducia in se stesso: «Io non so giocare al calcio ma so fare l’imprenditore. Sono un sentimentale che sa restare razionale. Posso sbagliare ma mi pare sia successo poche volte».


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