Napoli, senza Italiano De Laurentiis ha pronto il piano B: ecco il nome

ADL aspetta l’esito per capire se sarà possibile avviare il dialogo con Vincenzo e intanto sonda un altro profilo
Antonio Giordano
4 min

NAPOLI - C’è un uomo solo al comando: ha allungato il suo sguardo in quel tunnel che gli si è parato improvvisamente davanti, proprio mentre l’abbagliavano le luci della ribalta. Segue l’istinto, non certo l’onda; annusa l’aria, forse pure il venticello di una tradizione che deve appartenere, ma sul serio, a quell’architetto cui affidare il Progetto: «Si parte dal 4-3-3». Volendo, tra le pieghe, si può trovare un compromesso, 4-2-3-1, in attesa dell’equilibrio: d’altro canto, pure ai predecessori è successo. Quando Luciano Spalletti arrivò, il boss prese atto delle diversità ideologiche, diciamo così, perché all’inizio fu 4-2-3- 1: il tempo ha modellato il sistema e una squadra che intanto è cambiata, pur restando se stessa e cioè irriducibilmente forte, si è esaltata con il 4-3-3. E prima, con Sarri, si partì proprio da lì, dall’eredità di Benitez, per virare appena appena sul 4-3-1-2: fosse arrivato Saponara, probabilmente il profeta di Figline sarebbe rimasto nel suo rombo; e però l’affare saltò, il Napoli partì balbettando, e quando dopo tre giornate si ritrovò con due pareggi (Sampdoria in casa e ad Empoli) e una sconfitta (al debutto contro il Sassuolo a Reggio Emilia), la svolta fu netta e il tridente divenne il marchio di fabbrica.

Napoli, un Italiano vero

L’uomo solo al comando, un visionario che però è anche impegnativo, una personalità dominante fino ad essere soffocante, sta davanti alla sua palla di vetro, ha un elenco con quaranta nomi, un’agenda dalla quale attingere scelte, uno smartphone per fare tagli e diagonali: ha cominciato da lì, Aurelio De Laurentiis, e con una delle proprie espressioni - ne ha varie, dipende dai momenti - ha provato a sondare Joe Barone, il braccio destro di Rocco Commisso, un amico, per sapere cosa ne sarà di Vincenzo Italiano. Certe cose devono restare confinate nella privacy e così è stato: però adesso che il gioco si sta facendo un po’ più duro è inutile star lì a tergiversare. De Laurentiis aspetta, con una serenità che farebbe impallidire il più moderato dei tifosi: c’è tutto un mondo intorno alla sua scrivania e l’autostima, che è alta, induce a starsene all’ombra del proprio macro-universo. «Ho 40 nomi». In realtà sarebbero 41, perché Vincenzo Italiano nel listone dei candidati non è (non sarebbe) mai stato inserito: ci può stare oppure no e comunque siamo ai dettagli. Italiano rimane il favorito alla successione del Genio, in arte Luciano Spalletti, il sensibile rivoluzionario che ha messo a soqquadro il calcio italiano, ha scavato fossati giganteschi tra sé e gli altri, ed ha riscritto la Storia dopo 33 anni.

Napoli, il retroscena con Galtier

Il primo allenatore che ha vinto lo scudetto dopo Maradona ha lasciato varie ombre dietro di sé, perché al di là di Italiano, e dopo che un po’ di sondaggi sono stati fatti - Conte, Luis Enrique, Mancini, Nagelsmann nell’ordine alfabetico - altri ne sono stati avviati: Christophe Galtier ebbe modo, due anni fa, di parlare a lungo con De Laurentiis, fu un incontro propizio che non ebbe sviluppi perché la luce emanata da Spalletti fu illuminante. E però, adesso certi ricordi di quelle umanissime divagazioni tornano: Galtier con il 4-3-3 si è misurato (e avendo Mbappé, Messi e Neymar non dev’essere stato semplice, forse neppure difficile però), l’italiano lo ha imparato venticinque anni fa a Monza e non deve averlo dimenticato e soprattutto è stato l’allenatore che ha favorito l’esplosione di Victor Osimhen al Lilla, quello che lo ha spinto calcisticamente verso una città che può aiutarlo a dimenticare Parigi. Per trasmissione diretta, c’è già qualcosa di suo in questo Napoli, un centravanti valutato all’epoca settanta milioni di euro: è un indizio, ma mica da poco.


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