Il sorriso non l’ha perso, anzi. Sembra sereno, dalla sua casa in Canada. A Toronto la vita di Lorenzo Insigne è in continua evoluzione: ora i figli sono 3, tutti maschi, l’ultimo è Mattia nato lo scorso maggio. La qualità nel piede destro invece è la stessa, ma la posizione è cambiata: sempre a sinistra, solo un po’ più arretrata. Sono due anni che ormai gioca in Mls, ma il cuore è sempre a Napoli, dove ha casa e il resto della famiglia, dove torna appena può per trascorrere le vacanze. E la sua squadra, ora guidata da Antonio Conte, la guarda da lontano, con un pizzico d’inevitabile nostalgia per quei brividi che provava in notti come quelle di stasera.
Juve-Napoli non è mai banale, ancor di più per uno come lei che è stato decisivo.
«Per me è sempre stata una sfida importante, per la rivalità che c’è significa tanto. Sarà sicuramente una bella sfida tra due squadre nuove e con due allenatori diversi: un bello spot per il calcio italiano. Non so se riuscirò a vederla, giocherò in trasferta, ma ci proverò».
Le altre le ha viste?
«Qualche spezzone, dico la verità: di solito a quell’ora, visto il fuso orario, vado a prendere i bimbi a scuola. Riesco a vedere gli ultimi 10-15 minuti».
Praticamente quando il Napoli, di solito, segna.
«Per questo accendo la tv a fine partita. Scherzi a parte, l’importante è vincere, non importa se lo si fa nei minuti finali».
De Laurentiis ha compiuto il ventennale da presidente del Napoli. Lei c’è stato per più della metà, considerando anche le giovanili.
«Per tanti anni ho fatto parte di questo progetto e ne sono orgoglioso, il presidente sicuramente non avrà un carattere facile, ma va sempre ringraziato, ha fatto tanto per portare il Napoli in alto. Al di là di quest’anno, da quando c’è lui siamo sempre sempre stati in Europa e gli va dato merito. Tante volte sono andati via giocatori forti, ma è sempre riuscito a ricostruire una buona squadra. E poi abbiamo vinto lo scudetto».
Dice «abbiamo». Significa che non ha perso la fede.
«Sono sempre stato e sarò sempre il primo tifoso del Napoli, anche a distanza. Come ho sempre detto, non nego che mi sarebbe piaciuto vincere lo scudetto, ma il calcio purtroppo è così. Discorso che vale per me, ma anche per Koulibaly, Mertens, Hamsik, Albiol, Callejon, Jorginho, Allan, l’avremmo meritato anche noi, ma sono contento, anzi strafelice che il Napoli l’abbia vinto».
Conte l’ha avuto in Nazionale. Che effetto le fa vederlo sulla panchina del Napoli?
«Dico la verità: un bellissimo effetto. Non pensavo che il presidente potesse fare una magia del genere, convincere un allenatore importante come Conte. Sicuramente ha influito la passione, l’amore che la gente di Napoli trasmette. Penso che lui abbia visto, quando si è vinto lo scudetto, l’energia che c’era attorno alla squadra. Lui è uno molto carismatico, aveva voglia di mettersi in mostra. Disse “quando tornerò saranno problemi per gli altri”. E io come napoletano sono contento che sia sulla nostra panchina, spero ci aiuterà a fare un grande campionato».
Ma cos’è che trasmette alla squadra?
«In ritiro si lavora tanto. Ho visto alcuni video dei giocatori del Napoli e ho pensato: “Poverini”. È come quando io ero con Zeman: all’inizio soffrivi, ma poi in campo andavi alla velocità doppia degli altri. Conte è uno carismatico, che trasmette tanto: in Nazionale, dopo le riunioni che facevamo prima di un allenamento, avremmo potuto disputare una finale contro due squadre messe insieme e l’avremmo vinta. Non so cos’abbia, ma ti trasmette tanta energia. E sono sicuro che se i giocatori lo seguiranno bene, il Napoli quest’anno potrà dare fastidio».
Kvara-Lukaku-Politano o Neres. È un tridente da scudetto?
«Penso di sì, Kvara è un grande giocatore, giovane. Lukaku viene da due anni in cui non ha fatto benissimo, ma è un top player. Se Conte l’ha voluto fortemente, se l’ha aspettato fino alla fine del mercato, vuol dire che sa cosa gli può dare. Neres me lo ricordo all’Ajax, fece una grande annata, ma per il rapporto che ho con Politano io spero che giochi lui e sia decisivo nel portare il Napoli di nuovo allo scudetto. Senza nulla togliere al brasiliano, ma con Matteo ho un rapporto speciale».
La vita canadese come va?
«Non me l’aspettavo, ma io e le mia famiglia stiamo benissimo, al di là dell’inglese, che non parlo. Purtroppo non ho studiato da piccolo e questo ha inciso tanto, ma mi faccio capire a modo mio. Il clima invernale per fortuna lo becco poco, torno a Napoli a gennaio e poi in pre-season in posti caldi. Il campionato non è al livello di quelli europei, stanno provando a farlo crescere, ma al di là di tutto si sta molto bene».
Ci pensa a un cambio d’aria, a un ritorno in Europa?
«Sì, ci ho sempre pensato. Quando vedo le partite di Champions, di campionato, sento qualcosa dentro, penso che posso ancora dare tanto, la fiamma è ancora accesa però ora sono concentrato qui: tra una settimana abbiamo la finale di Coppa canadese e poi vogliamo entrare nei playoff di Mls. Al d là di tutto, facciamo un lavoro in cui non si sa mai cosa può succedere: l’esempio è De Rossi, dalla sera alla mattina non era più allenatore della Roma. L’idea di tornare comunque ogni tanto ancora mi viene».
Il tiraggiro resta il suo marchio di fabbrica?
«Sì, ma qui gioco diversamente. Non stando in Europa, non avendo tanti giocatori in squadra che si prendano delle responsabilità, viste le mie qualità l’allenatore mi chiede di costruire dal basso e quindi faccio più fatica ad arrivare sotto porta. Non fa niente, l’importante è vincere».
Che effetto le fa vedere Mertens e Osimhen al Galatasaray?
«Non me l’aspettavo, Victor è un ragazzo intelligente, avrà fatto le sue scelte. Non cosa sia successo con la società, ma se ha deciso così sono contento per lui e per il fatto che giochi con Mertens, vedo che insieme si divertono».
Juve-Napoli la vedrà con il suo compagno di squadra Bernardeschi?
«L’abbiamo vista insieme quando abbiamo vinto noi l’anno scorso. Spero che vada bene anche stavolta. Quando vinciamo contro la Juve è sempre bello».
Ne ha segnati 5 alla Juve: qual è quello a cui è più legato?
«Il rigore in casa, a porte chiuse: vincemmo 1-0. Prima avevo sbagliato il rigore in finale di Supercoppa. Era il giorno di San Valentino e volevo riscattarmi, segnai e dedicai il gol a mia moglie, ma quello a cui sono più legato in assoluto è la prima rete in Champions, la punizione contro il Borussia Dortmund, che bei ricordi».