Tutto chiaro in novanta minuti. McTominay è il MacGyver del Napoli: per come inventa e s’ingegna, risolve, salva e semina pericoli. Certo non avrà il coltellino svizzero e il nastro adesivo a portata di mano, ma Scott se la cava benissimo con i piedi e con la testa. E poi, beh, anche l’agente segreto dei telefilm americani ha chiarissime origini scozzesi. La partita di sabato contro la Juventus è stata a suo modo storica per la prima parentesi dell’era di Antonio Conte: passerà agli annali come quella del cambio modulo, di un sistema nuovo, del metamorfosi tattica, del passaggio alla difesa a quattro. Di un Napoli camaleonte in nome e per conto di McT: 4-1-4-1 di partenza, a tratti 4-2-4 o 4-2-3-1 ma cosa cambia? A Torino hanno fatto la differenza i suoi movimenti: uno stantuffo, ora più alto e ora più basso a dettare i cambi tattici; la pressione in fase difensiva, quasi da seconda punta alle spalle di Lukaku in fase di sviluppo offensivo, da mediano quando c’è da difendere e da trequartista quando c’è da attaccare; e poi le letture, la pulizia del tocco, gli strappi e il primo tiro vero della partita.
La chiave tattica
L’intelligenza del suo calcio ha conquistato già tutti e ha messo in discesa la mutazione genetica: non è poi così arduo immaginare che sia stato lui, la chiave decisiva della porta del cambiamento. Difficile tenerlo fuori, estremamente, e così dopo il suo arrivo è partita una fase di studio e di lavoro, di novità tattiche che sono state tradotte nel primo - e riuscito - esperimento andato in scena a Torino. Conte ha provato un bel po’ di 4-3-3 nell’ultimo periodo, un sistema con McT a recitare da mezzala sinistra del trio con Lobotka e Anguissa, ma con la Juve s’è visto qualcosa di diverso e McTominay c’è finito dentro con tutte le scarpe e la sua corsa imperiosa. Personalità straripante forgiata nel tempio dello United, 21 anni di militanza e 255 presenze tra Premier, Champions e coppe varie non sono un caso.