Napoli, il Buongiorno si vede dal mastino

Torinese, famiglia granata, i primi passi nei Pulcini e la cerimonia di Superga da capitano: il ritorno nella sua città da leader della difesa del Napoli sarà un’emozione unica
Fabio Mandarini

Alessandro Buongiorno è un giocatore palindromo come la parola oro. Puoi leggerlo in un modo o nell’altro, Buongiorno a Torino o juorno buono a Napoli giocandoci un po’ su, ma alla fine non cambia niente: in campo vale sempre oro. Appunto. Domenica vivrà una giornata destinata a passare alla storia sua e della sua famiglia, complicata ma anche bella, sicuramente strana, assolutamente emozionante: giocherà per la prima volta contro il Toro, da avversario, all’Olimpico Grande Torino. Anima e corpo: lui che è nato a Santa Rita, a due passi dallo stadio in cui faceva il raccattapalle; lui che ha il cuore granata come mamma Roberta, papà Claudio e Francesca, sua sorella; lui che nel vivaio del Torino è entrato a 8 anni e ci è rimasto fino all’estate, fino ai 25; lui che con quella maglia mitica è partito dalla seconda squadra dei Pulcini e nel 2018 ha esordito in Serie A a 18 anni rompendosi un gomito; lui che a maggio, da capitano, ha letto i nomi degli immortali a Superga.

Buongiorno, idolo dei tifosi del Torino

Per il popolo del Toro non è Buongiorno: è Alessandro. È un figlio, un fratello, un amico, un idolo. Nel 2023 ha rifiutato l’Atalanta pur di restare a Torino, ma poi è arrivato il Napoli e un certo effetto deve averglielo fatto: questo i suoi nuovi tifosi lo hanno capito, apprezzato, rispettato. E al resto ci ha pensato lui a furia di partite da marcatore implacabile, difensore chic, imperioso centrale. Da quando è arrivato, nessuno parla più di Kim dopo un anno di rimpianti e lamenti giustificati: sarà un caso? Buongiorno il palindromo: era idolo al Toro e lo è diventato a Napoli; era il leader della difesa granata e sta diventando un leader azzurro. E sia chiaro: gioca nell’Italia di Spalletti, è già tra i migliori in Europa ma è destinato a crescere. 


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Il barracuda

Con Rrahmani forma una coppia super, uno dei segreti della squadra di Conte e degli otto clean sheet collezionati in tredici giornate. Dodici, invece, le sue partite dal 1’ all’ultimo istante: ha saltato Verona per infortunio e adios. Non ce n’è per nessuno. La sua Napoli è la casa a Posillipo, qualche uscita con i colleghi, il lavoro. Torino è tutto: culla, famiglia, origini, fede, storia. I primi calci al Barracuda, una scuola che ha segnato il suo destino di marcatore feroce e predatore: gli piaceva così tanto che pur di continuare a divertirsi con i suoi amici, dubitava se accettare il Toro. La squadra del cuore: lo aveva scelto Silvano Benedetti, un’altra colonna granata, un altro difensore centrale, e l’occhio non l’aveva tradito. Il sangue granata di Ale e della sua famiglia, alla fine, cominciò a bollire: e la storia ebbe inizio. Si allenava nel mito di Alessandro Nesta e studiava, lo ha fatto sempre e lo fa ancora oggi: il Liceo Scientifico, la laurea in Economia Aziendale e ora la Magistrale. Il suo modello storico è Gandhi: è un guerriero ma anche un giovane uomo saggio e riflessivo. Papà lo chiamava “calma piatta”, per prenderlo in giro. 

No, grazie

Nel Napoli, dicevamo, ha raccolto l’eredità di gente del calibro di Koulibaly e Kim, ma siamo alla prima stagione; con il Toro, a cui De Laurentiis ha versato 35 milioni più 3 di bonus per averlo, ha giocato 109 partite, di cui 99 in serie A, ma è stato di proprietà del club per 17 anni. Dagli 8 ai 25, con due parentesi in prestito al Trapani e al Carpi. Nel suo curriculum granata c’è anche il rifiuto alla Juve, in estate: «Sono nato e cresciuto nel Torino, ho sempre giocato nel Torino e ho letto i nomi a Superga: mi sentivo di tradire in primis me stesso». Coerenza, sincerità, principi. Ma domenica, ormai, è dietro l’angolo e allora sarà un’altra storia, tutti in piedi all’Olimpico: c’è Torino-Napoli a casa di Alessandro Buongiorno. Nu juorno buono.


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Alessandro Buongiorno è un giocatore palindromo come la parola oro. Puoi leggerlo in un modo o nell’altro, Buongiorno a Torino o juorno buono a Napoli giocandoci un po’ su, ma alla fine non cambia niente: in campo vale sempre oro. Appunto. Domenica vivrà una giornata destinata a passare alla storia sua e della sua famiglia, complicata ma anche bella, sicuramente strana, assolutamente emozionante: giocherà per la prima volta contro il Toro, da avversario, all’Olimpico Grande Torino. Anima e corpo: lui che è nato a Santa Rita, a due passi dallo stadio in cui faceva il raccattapalle; lui che ha il cuore granata come mamma Roberta, papà Claudio e Francesca, sua sorella; lui che nel vivaio del Torino è entrato a 8 anni e ci è rimasto fino all’estate, fino ai 25; lui che con quella maglia mitica è partito dalla seconda squadra dei Pulcini e nel 2018 ha esordito in Serie A a 18 anni rompendosi un gomito; lui che a maggio, da capitano, ha letto i nomi degli immortali a Superga.

Buongiorno, idolo dei tifosi del Torino

Per il popolo del Toro non è Buongiorno: è Alessandro. È un figlio, un fratello, un amico, un idolo. Nel 2023 ha rifiutato l’Atalanta pur di restare a Torino, ma poi è arrivato il Napoli e un certo effetto deve averglielo fatto: questo i suoi nuovi tifosi lo hanno capito, apprezzato, rispettato. E al resto ci ha pensato lui a furia di partite da marcatore implacabile, difensore chic, imperioso centrale. Da quando è arrivato, nessuno parla più di Kim dopo un anno di rimpianti e lamenti giustificati: sarà un caso? Buongiorno il palindromo: era idolo al Toro e lo è diventato a Napoli; era il leader della difesa granata e sta diventando un leader azzurro. E sia chiaro: gioca nell’Italia di Spalletti, è già tra i migliori in Europa ma è destinato a crescere. 


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