Un solo anno di ricostruzione sulle macerie e il Napoli ora sogna: Conte è un prodigio

Il tecnico in pochi mesi ha riportato la squadra in Champions League e ora è a un passo dal quarto scudetto
Un solo anno di ricostruzione sulle macerie e il Napoli ora sogna: Conte è un prodigio© Getty Images
Fabio Mandarini
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NAPOLI - Il Napoli è la creatura modellata nel laboratorio (campo) dei prodigi (lo scudetto) dallo scienziato (allenatore) che ha rigenerato un pianeta (squadra) senza vita. Otto mesi fa, il paesaggio era lunare: senza anima, senza cuore, la voglia di scappare via lontano. Poi, è arrivato lui: Antonio Conte. E la luna è diventata Marte: lavoro duro, sacrifici, serietà, organizzazione. Menzione speciale per tutti gli staff all’opera: al fianco di un grande tecnico ci sono grandi collaboratori. E così ora c’è una vita pazzesca da queste parti, ma un anno fa regnava il caos e la squadra, nona, inseguiva senza mai crederci sul serio un posto in Conference, con 50 punti in classifica. Oggi è prima con 74 punti, 24 in più, e in otto giorni ha prima agganciato e poi superato l’Inter, una corazzata, schizzando a più tre e regalandosi un privilegio: diventare padrona del proprio destino. Da ieri, intanto, è aritmetico il ritorno in Champions: qualificazione raggiunta.

Napoli, un percorso da grande

Il Napoli ha collezionato 22 vittorie, 8 pareggi e 4 sconfitte in 34 giornate. La prima all’esordio, a Verona: 3-0 con l’Hellas, una mazzata tremenda dopo più d’un mese di allenamenti massacranti tra Dimaro, Castel di Sangro e Castel Volturno. La qualità della semina, però, era troppo pregiata per non produrre frutti: tecnicamente, tatticamente e psicologicamente. E dopo il Bentegodi è partita la cavalcata, sfruttando anche l’assenza delle coppe e l’impegno singolo da dicembre. La grande differenza la sta facendo la regolarità: conquistati 30 dei 48 punti disponibili con le prime nove della classifica, contro i 19 su 45 dell’Inter. Il primo atto della resurrezione è stato ricostruire l’anima del gruppo: Conte ha restituito la fiducia e la fame smarrite a giocatori demotivati e pronti a cambiare aria, creando una squadra vera. Senza paura da San Siro al Maradona. Concreta e spietata quando deve. Domenica, contro il Torino, doveva: ha impiegato 7 minuti per dettare legge e 42 per mettere le mani sullo scudetto.

La resilienza di Conte

La rinascita, però, è stata in salita: via Osimhen, centravanti straordinario, e poi Zielinski, colpo a zero dell’Inter. De Laurentiis è stato davvero super dopo un anno di errori in serie: ha destinato la gestione assoluta della squadra e del mercato estivo a Conte, assecondando ogni sua richiesta e ogni mossa del ds Manna, bravissimo in estate, anche senza il sostegno della Champions (investiti 150 milioni). D’inverno le strategie sono state sbagliate: la cessione di Kvara e il fallimento di tutti gli obiettivi ha incredibilmente indebolito la capolista, caso più unico che raro a gennaio, ma qui è venuta fuori un’altra caratteristica del Napoli di Conte: la resilienza. Nel senso più scientifico del termine.

Napoli, mille assetti tattici

La squadra si piega ma non si spezza mai: oltre all’addio (inevitabile) del suo miglior giocatore, dal 24 gennaio in poi è andata in scena una tempesta di sfortuna e infortuni che non s’è ancora placata. Eppure, Conte ha dato al Napoli un’immutabile anima da lottatore e mille volti tattici: 3-4-2-1, 4-2-4, 4-2-3-1, 4-3-3, 3-5-2 o 4-4-2. Ce n’è una per ogni emergenza. E ognuna ha funzionato: mica casuale. La grandezza dell’allenatore, dell’uomo di campo, risiede proprio nella capacità di riuscire a trarre il massimo dalle contingenze: il Napoli non ha il potenziale offensivo dell’Inter, anzi ha il quarto attacco del campionato e Neres, il vero vice Kvara, ne ha giocate solo tre nelle ultime dieci, eppure Conte è riuscito a creare un incredibile equilibrio con la difesa meno battuta dei cinque tornei top d’Europa. Gol subiti: 25. Clean sheet: 16, primato europeo condiviso con la Juve. Il Napoli è stato il più regolare e ha dimostrato la migliore attitudine alla reazione, venendo sempre fuori dalle difficoltà (febbraio, il mese nero). E ancora. Con l’evoluzione di Lukaku, divenuto a 31 anni un centravanti-rifinitore da 12 gol e 10 assist, Conte ha esaltato le doti offensive e realizzative di McTominay e Anguissa. Mixando un assaltatore puro con un incursore più tattico: 17 gol e 6 assist in due.

Politano, l’emblema della squadra

Sono tre quelli di Politano, uno dei simboli della rivoluzione: ha giocato nel tridente e ha fatto il quinto a tutta fascia senza mai fermarsi con l’entusiasmo di un ragazzino di 31 anni. Aveva conosciuto Conte all’Inter nell’estate 2019, ma a gennaio 2020, dopo pochi mesi e poche partite giocate, aveva deciso di trasferirsi al Napoli. Cinque anni dopo è stato uno dei migliori della squadra ed diventato un intoccabile dello stesso allenatore: storia emblematica.


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