ROMA - Una volta Walter Sabatini da direttore sportivo della Roma disse: «Non affezionatevi ai giocatori». Difficile farlo, soprattutto in una piazza che vive di giocatori romani e romanisti. Anzi, che viveva. Dal prossimo 27 maggio anche Daniele De Rossi lascerà la Roma, a distanza di due anni dall’addio traumatico di Francesco Totti. Solo che il centrocampista, a differenza della storica bandiera giallorossa, proseguirà la sua carriera da giocatore da qualche altra parte.
Resteranno - forse - in squadra altri romani come Florenzi e Pellegrini, ma l’addio di De Rossi, per diciotto anni protettore dei colori giallorossi, chiuderà l’era delle grandi bandiere. «Non affezionatevi ai giocatori», disse Sabatini, e forse aveva ragione. Ma come può un bambino legarsi solamente a una maglia, e non all’uomo che la difende e che combatte ogni domenica per portarla alla gloria? Quale bambino ha mai chiesto ai genitori di comprare una maglia senza un nome e un numero sulle spalle? Probabilmente quasi nessuno.
ROMA, STRISCIONE CONTRO PALLOTTA A NEW YORK
E allora per capire la sofferenza del tifo giallorosso per la scelta su De Rossi non bisogna soltanto cercare striscioni sparsi per la città, o contestare fuori Trigoria, ma anche ascoltare la voce dei più piccoli, di chi sta imparando a conoscere la Roma e che in futuro la sosterrà per il consueto ricambio generazionale. La sofferenza dell’addio di De Rossi la si può comprendere semplicemente da un compito a scuola assegnato dalla maestra: «Dovete scrivere come vi sentite oggi». Una domanda banale solo all’apparenza. La risposta di Giulia, piccola tifosa giallorossa che frequenta la prima elementare, sicuramente non lo è stata: «Oggi mi sento triste perché De Rossi se ne è andato dalla mia squadra preferita, la Roma». Una pagina di quaderno che potrebbe diventare uno striscione per quanto è semplice, sintetica, genuina e innocente. Un compito a scuola che rispecchia il sentimento di gran parte dei tifosi della Roma, senza ombra di dubbio un esercizio da «ottimo».