Addio di Totti alla Roma: l'incubo ora è assoluto

Addio di Totti alla Roma: l'incubo ora è assoluto© ANSA
Giancarlo Dotto
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In certi incubi ricorrenti tu prendi la strada di casa, ma la casa non c’è più. Al suo posto, un luogo indefi nito, misterioso e anche un po’ minaccioso. Non ci sono più le persone care, gli oggetti intimi, tutto il piccolo, grande mondo in cui negli anni ti sei via via perso, abituato, ritrovato. È un’angoscia irrespirabile. Si chiama spaesamento. Si chiama alienazione. Si chiama sradicamento. Si chiama la Trigoria di oggi. Non ci sono più nemmeno le maniglie di casa dove aggrapparti. E’ lo stato d’animo del tifoso romanista oggi e lo sarà ancora di più domani. Immagino che per un “businessman” di Boston queste parole risultino incomprensibili e, quando comprensibili, patetiche e piagnucolanti. Errore madornale. Qualcuno glielo spieghi con il suo inglese fl uente che, se mediti di fare aff ari in una cultura latina, devi ritrovare un po’ della tua anima latina o inventartela se non ce l’hai. 

L’addio ormai certo di Francesco Totti, dopo quello di Daniele De Rossi, è l’ultimo capitolo. L’incubo si fa defi nitivo. Non sembra più nemmeno la storia di un club di calcio che cambia pelle e decide di fare scelte radicali. Sembra una sfi da estrema. A una tifoseria intera. E, attenzione, l’estremo della sfida non è nel fare le cose ma nel non spiegarle. O nel fingere di spiegarle. Se sei capace di prendere decisioni così radicali, devi essere capace anche di spiegarle. Devi saper dire al tifoso, guardandolo negli occhi: «Amico o nemico che tu sia, noi siamo, noi abbiamo, noi sappiamo. Noi pensiamo in questo modo di fare il bene di questo club. Caro tifoso, sappi che la tua alienazione non è nel perdere Totti o De Rossi, ma nel credere che non ci possa essere una Roma senza di loro». Credano sia cosa sana e giusta smontare la storia identitaria della Roma, fondata sui transfert aff ettivi con i loro eroi? Lo pensano? Abbiano l’onestà, la lucidità, il coraggio di dirlo. Altrimenti, fi niscono inesorabilmente nella parte del torto.

James Pallotta sa benissimo che lui e i suoi consulenti sparsi non hanno mai creduto nel Totti dirigente. A torto o a ragione, altro discorso. Diffondere una verità diversa da questo è pura ipocrisia, tentativo penoso e peloso di confondere le acque e gettare mangime avariato alla folla. Non sappiamo se Totti ha la stoffa del bravo dirigente, ma crediamo che non gli sia stata data la possibilità di dimostrarlo. Dire il contrario è fumo negli occhi. Personalmente mi sfugge l’”intelligenza” di questa strategia del dire e non dire, quando non si tratta di mentire e smentire. Ma, se intelligenza è, sia così intelligente da aiutare i tifosi smarriti e gli scribacchini armati a capire meglio, se non proprio a condividere. Quando si opera una chirurgia così estrema è perché il tumore è molto esteso. Si abbia il coraggio di chiamarlo con il suo nome. Per il resto, c’è solo la persistenza dell’incubo. Il tifoso si guarda intorno, davanti e dietro, e vede solo macerie o facce sconosciute. Forse, vorrebbe anche ripartire, è patologico il tifoso romanista, ma non sa proprio dove aggrapparsi per farlo. Da chi ricominciare? Da dove ricominciare? 


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