L ’elasticità è un dono che va gestito con equilibrio. Può essere questa la prima vera lezione d’italiano per Paulo Fonseca, uscito ridimensionato dalla sfida con l’allenatore che la Roma aveva scelto prima di rivolgersi a lui: Gasperini. Niente di sconvolgente né drammatico, può succedere di sbagliare quando si sta costruendo un mondo nuovo, ma la batosta del turno infrasettimanale è giunta abbastanza inaspettata, soprattutto nelle modalità.
Tre schemi
Arrivato a Trigoria dichiarando la preferenza per un sistema di gioco, il 4-2-3-1, e per una mentalità dominante, alla quinta giornata Fonseca ha ufficializzato il cambiamento radicale della filosofia. Nella stucchevole divisione di schieramenti tra “giochisti” e “risultatisti”, ha preferito spostarsi verso il secondo. Ma nella sua ricerca di efficienza, ha modificato addirittura tre moduli nella stessa partita: dieci minuti fedeli al 4-2-3-1, anche se con l’avanzamento di Florenzi, poi un 3-4-2-1 con Kolarov sulla linea dei difensori, infine il 4-2-4 con l’ingresso di Kalinic accanto a Dzeko per il disperato bisogno di pareggiare.
L'idea
Aveva studiato la sconfitta dell’Atalanta a Zagabria, con la Dinamo che per una volta ha scelto di giocare con la difesa a tre, ricordando anche le sofferenze della Roma nelle prime due partite contro avversari che giocano con tre difesa, il Genoa e la Lazio. Ma i suoi assestamenti hanno confuso i giocatori invece di sorprendere Gasperini. Spinazzola è passato da terzino destro a esterno sinistro, Florenzi da attaccante esterno a terzino, Zaniolo da ala sinistra a trequartista destro. Tutto dopo pochi palleggi in cui l’Atalanta aveva già dato la sensazione di poter controllare la partita. Magari non sarebbe cambiato niente, la Roma avrebbe perso lo stesso con qualunque modulo in una giornata negativa. Però le scelte tattiche non sono state vincenti.