Il piano di Friedkin: "Scelgo la Roma per vincere"

Il nuovo padrone giallorosso ha le idee chiare: «È una città meravigliosa di cui mi sono subito innamorato, qui si può scrivere la storia anche sportiva. Dobbiamo far crescere il marchio»
Il piano di Friedkin: "Scelgo la Roma per vincere"
Roberto Maida
4 min

Non si compra una società che vale 790 milioni se non si crede di poterla migliorare. E così Dan Friedkin ha stabilito che prendere la Roma sia «exciting», come ha confidato alla moglie Debra e ai quattro figli, ma anche conveniente. Possibile? Pensabile. Per tre motivi: finanziario, commerciale, sportivo. «Sono convinto che il marchio Roma possa espandersi e apprezzarsi. Che i ricavi debbano aumentare. E che sia fondamentale vincere qualcosa, essendo una squadra di calcio» è il suo ragionamento. I tre motivi racchiudono il cosiddetto «upside potential», che in gergo economico indica appunto la prospettiva di sviluppo di un bene, i margini di crescita di un investimento.

Friedkin diverso da Pallotta: ecco perché

Friedkin non compra la Roma con l’idea che aveva in testa Pallotta sin dall’inizio, cioè ricostruire per poi rivendere. Acquista per godersi il successo attraverso risultati tangibili. Immaginate una casa da ristrutturare ex novo rispetto a un appatamento che necessita migliorie per essere trattata come un immobile di lusso. La Roma faceva parte della prima categoria quando è passata dai Sensi a Pallotta, nel 2011, mentre oggi è diventata appetibile nonostante il prezzo perché può entrare in maniera definitiva nel calcio d’élite. Friedkin entra in gioco perché il gioco gli piace. Non è un esperto di calcio, come tanti cittadini americani, ma ha una passione smodata per Roma: «Sono innamorato di questa meravigliosa città sin dal primo giorno. E’ piena di vita e di storia. Ho deciso di investire qui perché voglio lasciare un segno anche nella storia sportiva della città» ha raccontato ai suoi collaboratori più stretti, aspettando di poter esprimere la sua gioia in un’intervista di presentazione.

Stadio della Roma, elemento fondamentale

Uno dei passaggi fondamentali del suo percorso riguarda lo stadio. Friedkin ha compreso, osservando la realtà del professionismo statunitense, che non è possibile raggiungere il top senza disporre di un’infrastruttura adeguata. Non ha neppure avuto bisogno di assistere a una partita all’Olimpico per rendersi conto della centralità del business Tor di Valle nel ragionamento espansionistico. Ha deciso di tenere lo stadio (almeno momentaneamente) fuori dall’affare semplicemente perché, nel caso in cui il Comune tergiversasse sulla convenzione urbanistica o addirittura negasse i permessi per l’apertura del cantiere, potrebbe ricominciare da zero in un’altra area con altri interlocutori: nel variegato panorama di immobiliaristi romani, ci sarebbe la fila per stipulare una nuova partnership. In sostanza, se si va avanti a Tor di Valle bene altrimenti no problem: dopo il tramonto c’è sempre un’alba. 

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