Zaniolo: "Da trequartista mi diverto di più. La Nazionale? Ho pianto con i miei genitori"

Il talento giallorosso si racconta: "Ancora adesso non sto realizzando tutto quello che sto facendo. Io penso ogni giorno ad allenarmi, divertirmi e rendere orgogliosi i tifosi della Roma"
20 dicembre 2019 - Forse la migliore Roma di Fonseca. Rivendicata in parte la batosta della stagione precedente (7 a 1), i giallorossi vincono al Franchi di Firenze per 4 a 1. Gol di Dzeko, Kolarov, Pellegrini e di un sontuoso Zaniolo che poi ha baciato la maglia davanti al settore dei tifosi giallorossi© LAPRESSE
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ROMA - A soli vent'anni vale già 86 milioni, ma il suo valore è destinato soltanto ad aumentare. Nicolò Zaniolo è il miglior talento del campionato italiano, nonché il giocatore che vale di più: in questa stagione ha segno sei gol nelle ventitré partite disputate tra campionato ed Europa League. Nel ruolo da esterno ridisegnato da Fonseca è diventato ormai titolare inamovibile: "Ma diciamo che come falso nueve devo ancora lavorarci su, però per il resto sono sulla buona strada", ha ammesso l'ex Inter nell'intervista a Dazn.

In pochissimo tempo ha fatto vedere tantissime cose. Sapeva di saper fare tutte quelle cose?
"Speravo di farle. Le mie caratteristiche le conoscevo. Sapevo di poterle fare ma non in così poco tempo".

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Lei si è sempre definito trequartista…
"Io da trequartista mi sono sempre divertito perché quando vado in campo la prima cosa penso a giocare e divertirmi, e da trequartista ci riesco meglio. Posso fare anche la mezz’ala così l’esterno per le caratteristiche che ho. Non mi vedo ancora in un ruolo definito perché mi devo definire bene come calciatore".

Balzaretti ha detto che lei come interno di centrocampo può fare la differenza.
"Balzaretti mi ha aiutato molto a integrarmi, devo ringraziarlo per i consigli. Devo migliorare il piede debole, o la scelta della giocata. Spero di continuare a migliorare e a dimostrare le mie qualità". 

Le mostro il tesserino di quando eri bambino…
"Questa è la prima foto che ho fatto per il cartellino. Qui mi sembra che giocavo nel Canaletto. L’anno dopo sono andato nel settore giovanile dello Spezia dove c’era l’iscrizione. Dopo sono tornato a Canaletto un anno e poi al Genoa ma per motivi logistici non mi potevano trasportare con il pulmino e ho dovuto cambiare. Sono andato alla Fiorentina dove c’era la possibilità di andare da La Spezia a Firenze con il pulmino e l’ho fatto per tre anni. Mi ricordo che uscivo 10 minuti prima da scuola e all’una e dieci avevo il pulmino da Carrara per Firenze, tornavo a casa alle 9 di sera. A 14 anni poi mi sono trasferito a Firenze in convitto con le persone che venivano da lontano".

Ha sempre pensato di fare il calciatore?
"Nella mia carriera calcistica, soprattutto nel settore giovanile, non sono mai stato uno di punta, non visto come uno che doveva arrivare. Sono sempre stato piccolo fisicamente, dovevo entrare nella fase dello sviluppo. Quando la Fiorentina mi ha detto che non potevo stare più lì per motivi tecnici sono andato via ma con lo stesso entusiasmo e voglia di giocare a calcio. Sono andato all’Entella dove ho trovato più spazio e persone che credevano in me. Da lì ho cominciato la risalita". 

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L’Entella è stato un all-in…
"Sono arrivato a preparazione quasi finita. Ero al bar di mio papà e nelle prime quattro partite non avevo giocato. Mi ero messo a piangere dicendo a mio padre che se non avessi giocato lì avrei dovuto cambiare sport o dedicarmi ad altro. Mi sono detto che magari le qualità non c’erano. Mio padre mi ha detto di provare a fare l’ultima settimana a mille, senza avere rimorsi e l’ho fatta. Da quella partita ho iniziato a giocare e non sono più uscito".

L’esordio in Serie B?
"Eravamo a Benevento. Erano due-tre settimane che il mister Breda mi parlava e mi diceva che mi stavo allenando bene e che dovevo continuare così. Diciamo che era nell’aria ma non me lo aspettavo a Benevento perché era una partita delicata, contro una squadra forte. Eravamo 0-0 e il mister all’80esimo mi ha detto di andarmi a scaldare perché dopo 5 minuti sarei entrato. Ho fatto gli scatti più veloci della mia vita. Da lì è iniziato tutto. I miei amici dicono che ho preso un po' la parlata romana (ride, ndr)".

Debutto in Champions League con il Real Madrid e chiamata in Nazionale senza neppure una presenza in Serie A. Mi racconti quella settimana?
"Non ti nascondo che sapevo di giocare quella partita già dalla mattina, sono rimasto tutto il giorno a fissare il soffitto, incredulo. Sembravo paralizzato, ero stato al Bernabeu solo per una gita. Nel sottopassaggio non vedi il campo, vedevo solo accanto a me una muraglia di maglie bianche e gente come Ramos, Bale e Modric. Devi restare solo tranquillo e pensare che se il mister ti sta facendo giocare in un momento come quello vuol dire che te lo meriti ed ha visto qualcosa in te. Ho provato a dare il mio meglio e non è andata così male. La prima chiamata in Nazionale è stata poi un’altra sorpresa. Ero a cena con degli amici, a mangiare una pizza, vedo il mio nome nelle convocazioni e ho pensato subito ad un errore. Poi la notizia continuava a girare ovunque e quindi ci ho sperato. La chiamata del team manager poi mi ha confermato la convocazione, dicendomi che dopo due giorni sarei dovuto andare a Coverciano e sono scoppiato subito a piangere. Ho chiamato mia mamma e mio papà e si sono messi a piangere anche loro. È stato un fine settimana perfetto, non ho dormito tutti e due i giorni. A Coverciano ero come un ragazzo al parco giochi. Ancora adesso non sto realizzando tutto quello che sto facendo. Forse è la mia forza, forse no. Io penso ogni giorno ad allenarmi, divertirmi e rendere orgogliosi i tifosi della Roma perché meritano tanto. Non guardo mai indietro ma solo avanti".

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Il primo gol in A e la magia al Sassuolo.
"Dopo il primo goal in Serie A, quello del pallonetto contro il Sassuolo, mio padre mi ha detto ‘Come ti è venuto in mente di fare quello scavetto?’. I compagni romani, come Florenzi o Pellegrini, sono stati più schietti: ‘Ammazza che ca**o hai fatto’."




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