Friedkin-Pallotta, i retroscena di un incontro fantasma

Jim nega tutto via telefono. Il suo buon umore può essere l’indizio migliore
Friedkin-Pallotta, i retroscena di un incontro fantasma© Bartoletti
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Alla settima “settimana cruciale” James Pallotta ha varcato il portone di vetro blindato, al numero 401 della 14th West, Manhattan, sede della Raptor Group. C’era un sole di primavera anticipata, e il portoricano che vende sandwich proprio a fianco faceva affari come sempre. Al quarto piano di un palazzo ricavato da una vecchia industria c’era Dan Friedkin con il suo stuolo di avvocati, probabilmente intento a godersi la vista sulla piazzetta, dominata da una Cadillac color crema anni ‘60 e una vecchia Le Sabre Custom rossa con tetto decappottabile. Alt, un attimo: questa, fino a prova contraria, quando in Italia era notte, è la scena come se la sono immaginata a Roma, quando hanno messo sui social la notizia dell’incontro alla Raptor di New York per il preliminare della firma per il passaggio della Roma. Qualcuno ha giurato di aver visto Pallotta arrivare, “alle 11 ora di Manhattan”, ma l’unico presente davanti al portone, un tifoso romanista, uno dei grandi appassionati che anche qui a New York si bruciano il fegato a ogni partita, dice che in realtà gliel’avevano detto da Roma. [...] Dettagli dimenticabili? Quello che si è consumato potrebbe essere stato un altro giorno di cortocircuito tra voci di firme imminenti, in cui tutti sanno tutto e vantano fonti fidate, non il cugino del fratello del tassista del vicino, ma il “dirigente” di Friedkin, figura mitologica e invocata in assenza di prove. Finirà davvero che firmeranno. Di sicuro, però, alla Raptor sono un muro.

Per entrare nel palazzo bisogna accodarsi all’addetto dell’Ups, entrare in ascensore e chiamare gli uffici di Pallotta, componendo un numero scritto su una targa. Altrimenti l’ascensore non si muove. La segretaria risponde cordialmente e dice che Jim è a Boston e che nessun incontro è previsto a New York. E non fa partire l’ascensore. Lo stesso Jim, in uno scambio dai toni insolitamente cordiali via messaggi sul cellulare, conferma di non essere a New York e accompagna il messaggio con gli emoticon che indicano risate da matti. Pallotta, però, come sanno tutti, smentirebbe anche di esistere. Ma c’è un dato tecnico che confermerebbe l’assenza di incontri: serve il board of directors del TheFriedkinGroup che deve assumere una delibera sull’offerta, questa deve andare da JP, lui la deve accettare e poi si firma. Le voce su una “delega” di Friedkin, per giustificarne l’immaterialità a NY, non regge. Le firme, a questi livelli, le fanno i protagonisti. Il buonumore del Bostoniano è, però, un dato nuovo: può essere segno che la trattativa è in discesa, ogni giorno è buono, magari ore. 

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