Schick: "L'Italia era il mio sogno, ora punto la Premier. Il Lipsia la scelta giusta"

L'attaccante ex Roma: "Allo Sparta Praga volevano che smettessi di giocare"
Schick: "L'Italia era il mio sogno, ora punto la Premier. Il Lipsia la scelta giusta"© EPA
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ROMA - Il riscatto di Patrik Schick al Lipsia si avvicina, l'attaccante ex Roma sta convincendo il club tedesco grazie a ottime prestazioni (prima dello stop della Bundesliga per l'emergenza Coronavirus), e Petrachi attende la fine di giugno per incassare - probabilmente - 29 milioni di euro. “Quando ho lasciato la Repubblica Ceca il mio sogno era l’Italia e l’ho realizzato – ha raccontato Schick a iSport.cz -. Ora sono attratto dall’Inghilterra, sono sincero. Però il Lipsia è stata una decisione giustissima per la mia carriera. Avevo parlato anche col Dortmund, Leverkusen e Schalke qui in Germania. In Inghilterra c’erano Everton, Crystal Palace e in Spagna il Valencia. Ma sentivo che il Lipsia mi desiderasse di più, mi piaceva lo stile di gioco e l’allenatore Nagelsmann. Ora sono sicuro di aver scelto bene”.

Schick dopo due anni di crisi in giallorosso sembra aver ritrovato fiducia nei propri mezzi, tanto da raccontare un aneddoto particolare del suo periodo nelle giovanili dello Sparta Praga: “Lo Sparta ce l’ho nel cuore, ma alcune persone che sono lì, no. Una volta con l’U16 abbiamo giocato a Jablonec e abbiamo vinto 3-0 e io ho segnato due gol. Uno particolarmente bello con uno stop di petto e un tiro sotto la traversa da più di venti metri. Abbiamo preso l’autobus per tornare a Praga, tutto andava bene. Siamo tornati al centro sportivo e l’allenatore Miroslav Krieg mi disse che H?ebík (direttore sportivo, ndc) e Hašek (l’allenatore della prima squadra in quel momento) mi stanno aspettando in sala video. Ho pensato tra me e me che sarebbe stato per farmi i complimenti. Invece sono arrivato lì, ho visto subito che non erano molto di buon umore. Hanno riprodotto un video di come ho giocato male in attacco e hanno usato espressioni anche piuttosto cattive. All’inizio era solo: “Ma come diavolo ti muovi?”. Poi Hašek ha aggiunto che avrei dovuto lasciare il calcio e appendere le scarpe al chiodo”.

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