De Rossi: "Non ho scelto io di lasciare la Roma. Un giorno voglio allenarla"

Il centrocampista giallorosso: "Non so quando, ma la panchina giallorossa è il mio grande obiettivo"
Daniele De Rossi (Roma)© ANSA
18 min

ROMA - Passato, presente e futuro. Daniele De Rossi si racconta in un’intervista a Sky Sport, partendo dai suoi obiettivi. Uno in particolare, il grande sogno, è quello di poter allenare un giorno la Roma. “Ho fatto un percorso da calciatore non unico, ma raro. Giocare vent’anni in una squadra non capita tutti i giorni. Non potrà accadere quando diventerò allenatore, non esiste un allenatore che duri così tanto in una squadra, soprattutto a Roma. Ma lo ribadisco: un giorno mi piacerebbe allenare la Roma, ma prima devo diventare allenatore. Oltre ai corsi, c’è un percorso di crescita di cui tutti gli allenatori giovani hanno bisogno. Mi sono trasformato in pochi giorni da un calciatore vecchio a un allenatore giovane: vedo le cose con più tranquillità e calma. Mi piacerebbe sedermi un giorno su quella panchina, ma non è detto che abbia questa fretta di farlo accadere domani. Potrà succedere tra cinque anni, tra dieci anni o tra vent’anni. Spero che un giorno accada, ma soltanto se sarò un bravo allenatore, se porterò qualcosa alla squadra a cui tengo tanto e non perché sono stato tanti anni un giocatore della Roma”. 

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Potrebbe essere già un allenatore per come parlava dopo le partite.
“Inizierò questo percorso non solo perché mi piacerebbe fare l’allenatore ma perché penso di poterlo fare. Mi è sempre stato riconosciuto questo ruolo di leader. Sarò un pochino avvantaggiato, ma l’allenatore è anche altro: prendere delle decisioni, mettere una squadra in campo, scegliere lo staff e subire quelle pressioni che mi sono sempre caricato sule spalle. Ma da allenatore sarò da solo contro tutti. Quando perdi sei da solo, mentre quando vinci sono bravi i giocatori: è una cosa che ho sempre sentito quando giocavo”. 

De Rossi e l'addio alla Roma

Le sue sensazioni nella partita d’addio alla Roma?
“L'ho vissuta con grande serenità. Non ho finto neanche per un secondo, anche se mi sono emozionato in alcuni momenti. Ci sono stati dei momenti di vuoto durante la partita: un infortunio o una sostituzione, mi giravo verso gli spalti e pensavo: “Io da questa prospettiva non vedrò più lo stadio”. Mi è venuto un po’ di magone. Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato quel momento, fa male a chiunque e senti un senso di malinconia. Ma era importante far vedere anche alla mia famiglia che non era una tragedia. Ho voluto anche far vedere ai tifosi la mia felicità per quello che mi avevano dato”. 

Quel discorso ai compagni?
“Io non preparo mai niente, ci penso trenta secondi prima di farlo. I miei compagni di squadra mi applaudivano anche quando passavo il pallone in allenamento, nei giorni prima dell’addio. Non doveva essere una partita del cuore, ma dovevo giocare facendo le mie solite scivolate, giocando come sempre. Peccato che sia finita zero a zero”. 

Gesti scaramantici?
“Ne ho avuti tanti negli anni, li ho cambiati ma tanto non servono a niente e non funzionano. L’unico che non ho mai cambiato, ed era quasi un’abitudine, sono i tre saltelli che facevo quando eravamo allineati durante i saluti. Era iniziata tanti anni fa, poi è continuata”. 

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De Rossi e i dirigenti della Roma

Lei non ha scelto di abbandonare la Roma, ma ha scelto di lasciare il calcio. Ha sentito qualche dirigente della Roma?
“Esatto. Non ho scelto io di lasciare la Roma, ma ho deciso di dire addio al calcio. Sono stati due momenti difficili. Ho dovuto prendere decisioni che non avrei voluto: la prima volta perché qualcuno ha scelto per me, l’altra perché ci entrava la mia famiglia. Non ho sentito dirigenti della Roma, ho incontrato De Sanctis quando ero andato a salutare mio padre al Tre Fontane. L’altro giorno mi ha chiamato un dirigente della Roma, ma per sapere come stavo. Non mi ha chiamato nessuno per lavori futuri, e io non chiamerò nessuno”. 

De Rossi e Marchisio

Rapporto con Marchisio?
"Marchisio è un ragazzo serio. Ha gli attributi e la mente per fare certi discorsi. Lo incontrai la prima volta in un Roma-Empoli, con lui e Giovinco che ci misero in una difficoltà imbarazzante. Si è inventato mediano, per me il ruolo che avrebbe fatto benissimo, poi alcuni infortuni lo hanno bloccato. E’ stato un giocatore incredibile, ma dobbiamo allenare come Italia giocatori in quel ruolo. Fortunatamente adesso ci sono giovani bravi in quel ruolo".

Sulla moglie Sarah.
“Sarah ha solo questo difetto: è molto social. Ogni tanto mi giro e vengo ripreso in primo piano (ride, ndr). Dal punto di vista umano è stata fondamentale. Mi ha migliorato molto, compreso lo stile di vita. Abbiamo creato una famiglia allargata. È stata fondamentale per le mie decisioni: quando c'era l'offerta del Boca mi ha detto di scegliere, e che comunque mi avrebbe seguito. Magari avrebbe preferito andare in altri posti, ma poi si è innamorata dell’Argentina forse anche prima di me. Era dispiaciuta inizialmente di andarsene da Buenos Aires, le manca molto perché era diventata una casa”. 

Perché il Boca?
“L’ho scelto da ragazzino, guardando i filmati che mi entusiasmavano, guardando Maradona che è stato uno dei miei idoli anche se non ha mai giocato con la Roma. Hanno come tifoseria qualcosa di diverso”.

Che esperienza è stata quella in Argentina?
“Ho imparato tantissimo dal punto di vista umano. Mi sono reso conto di quanto talento, senza organizzazione, può andare sprecato. Altrimenti c’è confusione, bella da vedere ma sempre confusione rimane. Gallardo ad esempio c’è riuscito lì, ha dei calciatori fortissimi e li fa interagire bene. Lui ha fatto quello che dovrebbe fare l’Argentina come nazionale”.

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De Rossi, Lippi e la Nazionale

La figura di Lippi quanto è stata importante per te nel 2006, soprattutto dopo l’espulsione contro gli Stati Uniti?
“Ovviamente Lippi è stato importante. Quella era una nazionale mostruosa offensivamente. Non era però la nazionale più forte: Brasile, Francia e Spagna forse erano più forti. Abbiamo vinto perché abbiamo lottato e perché dal primo giorno ha creato un rapporto tale e quale a quello di una squadra di club. Ha formato un gruppo di amici e poi l’ha gestita benissimo tecnicamente e tatticamente. Quando è stato il momento di soffrire lo abbiamo fatto, anche pensando a quello che era accaduto in primavera e in estate. Se non ci fossero stati quei sessanta minuti in finale e quel rigore avrei assaporato tutto in maniera minore. Ho sentito sempre la sua fiducia, anche quando era incazzatissimo con me dopo l’espulsione. Sentivo che mi avrebbe buttato dentro se ci sarebbe stata la possibilità. Prima della finale Peruzzi mi disse che Lippi si era ammattito e che mi avrebbe fatto giocare in finale, o quantomeno sarei sicuramente subentrato. E’ il ricordo più memorabile della mia carriera”.

Hainze, suo ex compagno di squadra, sta facendo molto bene come allenatore.
“Mi avevano detto che era interessante, ma arrivando in Argentina e vedendo le partite mi sono reso conto che è davvero bravo. Adesso se ne è andato, ma parlando con un diesse italiano, anche in Europa lo conoscono bene. Ci sono allenatori giovani che stanno facendo bene, come Crespo che ci ha messo in difficoltà con il Banfield”. 

De Rossi e Guardiola

I primi allenatori che andrà a trovare?
“Andrò a vedere mille allenatori, perché mi serve. Come dice un detto: "Un bambino in piede non riesce a vedere come un anziano seduto". Io sono un bambino in questo momento. Se avrò l’opportunità, perso partirò da Guardiola. Ci sono tanti allenatori bravi in Italia come Gattuso e De Zerbi che mi fa impazzire. Saranno dei viaggi professionali ma anche divertenti perché questo mondo mi piace molto. Voglio contattare Pozzecco, allenatori di altri sport”. 

De Rossi e il camuffamento al Derby

Il suo trucco per entrare in Curva Sud al derby?
“È nata come una battuta con gli amici. Avevo questa voglia grande di andare in Curva, ma senza essere sollevato come un eroe. Volevo passare inosservato. Volevo andare a Firenze, ma la Roma veniva da una serie di vittorie e per scaramanzia ho deciso di non partire. Quello del trucco è stato l’unico stratagemma, anche se un ragazzo dietro di me mi ha riconosciuto dopo un secondo e lo ringrazio perché non ha detto nulla”. 

De Rossi e l'ultimo giorno a Trigoria

L’ultimo giorno a Trigoria?
“Chiudere quella porta di Trigoria dopo diciotto anni è stato difficile perché sapevo che non ci sarei più entrato. Mi tremavano le mani”. 

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Qual è la difficoltà principale che si aspetta all’inizio della sua carriera da allenatore?
“Incontrerò tante difficoltà, già saperlo è un aiuto. Quando dovrò organizzare un precampionato, parlare allo staff e parlare da un nuovo punto di vista. Inizierò da un livello più basso rispetto a quello vissuto da calciatore, anche questa sarà una difficoltà”. 

Come giudica il livello del calcio italiano rispetto alle nuove proposte tattiche?
“Il livello del calcio in Italia garantirà lo spettacolo nei prossimi anni. Anche le piccole squadra hanno iniziato a proporre qualcosa di più interessante. Il Barcellona di Guardiola ha cambiato la percezione di tanta gente che lavora nel calcio. Il pericolo è abusare di questo palleggio o di idee propositive quando la squadra magari non è in grado. Lo stesso Fonseca è uno dei più bravi. Mi andai a complimentare dopo Roma-Shakhtar perché quella squadra mi aveva fatto un’ottima impressione”. 

De Rossi, Spalletti e Capello

Da quale allenatore che è stato alla Roma ruberebbe qualche mossa?
“Devo rubare da tutti, anche da quelli che mi sono piaciuti di meno per non ripetere errori. Spalletti mi ha segnato tanto, è uno di quello che considero tra i più bravi insieme a Luis Enrique. Un pizzico di atteggiamento alla Capello poi non guasta mai”. 

Quale soprannome le è pesato di più, Capitan Futuro o Nino?
“Avevo i capelli a caschetto, come Nino D’Angelo. Mi ha accompagnato per tutta la vita fino a Capitan Futuro, che non mi ha mai pesato”. 

Come vanno i suoi progetti futuri? Può raccontare il primo giorno al campo di allenamento del Boca?
“Purtroppo i progetti che abbiamo sono tutti sospesi e non mi sembra giusto pensarci in questo momento. Smanio per fare qualcosa, ma mi sento circondato da un alone di tristezza per il mio Paese e per il mondo intero. Il primo o forse il secondo giorno di allenamento in Argentina facemmo questa partitella con i giovani. In Italia tendono sempre a levare un po’ il piede. Feci un contrasto con un giovane che mi ribaltò! Da lì ho iniziato anche io a ‘picchiare’. Poi c’era il fango, perché era inverno, situazione ideal per il mio stile di gioco”.

De Rossi e Bonucci

Può raccontare l’episodio a Euro2016 con Bonucci?
“Tutti mi dicono che Bonucci è odioso. C’è una percezione di Leo che è totalmente sbagliata da quello che si vede in TV. Mi spiace che si pensi che sia antipatico. Forse è un po’ così e forse deriva anche dalla maglia che indossa e forse è anche per questo che vincono sempre. In quell’occasione scherzavamo insieme e lui mi tirò lo scarpino. Mi prese sul sopracciglio con il tacchetto di ferro e diventò un po’ meno scherzo, ma dopo un minuto passò tutto. Ho legato molto con Bonucci, è una delle mie vittime preferite dei miei scherzi. Abbiamo passato grandi momenti insieme”.

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De Rossi e lo scudetto con la Roma

Ha un rammarico nella sua carriera?
“Non aver vinto qualcosa di importante o di strappalacrime con la Roma, come lo scudetto: è un rammarico. Anche perché ieri vedevo uno speciale con Di Bartolomei, oppure penso allo scudetto di Francesco Totti. E’ un gran rammarico. Mi hanno detto di non aver avuto ambizioni, ma io ho avuto l’ambizione di vincere dove non si vince mai. Mi sento in pace con la coscienza, ma il rammarico c’è. Sono contento vedendo la mia carriera, anche se la mia bacheca personale è sostanzialmente vuota”.

Ha mai fatto qualche pensierino al calcio inglese? In quale squadra le sarebbe piaciuto giocare?
“Da quando sono piccolo ho amato lo United. E’ giusto che io non ci sia andato al Manchester, anche perché c’erano Keane o Scholes, dei giocatori incredibili. Era invece davvero un mio desiderio andare al Boca Juniors".

Potresti prendere tanti spunti, negativi, da me. Puoi fare il contrario di quello che faccio e avere successo! Scherzi  a parte, puoi venire quando vuoi qui a Sassari e vieni quando vuoi. Un abbraccio (messaggio di Pozzecco)
“Mi fa effetto, sono appassionato di basket e lui è stato sempre un punto di riferimento. Anche vedere quando è stato un esempio negativo. Voglio vedere come interagisce con i suoi giocatori. Andare da lui sarà sicuramente divertente, anche perché è bello scatenato in panchina".

Come usciremo da questo momento?
“Ci porteremo via delle cose positive solo se remeremo insieme dalla stessa parte. Ora dobbiamo sentirci sulla stessa barca. Basterebbe fare, come disse Balotelli, di stare a casa normalmente per tutelare i nostri cari. Poi ci sono gli esperti e ne usciremo perché come italiani abbiamo sempre dimostrato di avere la pelle dura”.

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