Mancini: "Capello mi voleva alla Juve. Roma e il tacco di 'Dio' indimenticabili"

L'ex attaccante giallorosso: "In Serie B col Venezia non giocavo, in giallorosso mi hanno scoperto. La notte di Lione? Otto doppi passi..."
Amantino Mancini segna il suo primo gol in Serie A nel derby del 9 novembre 2003: una meravigliosa rete di tacco che sblocca il risultato a nove minuti dal termine© ANSA
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ROMA - In giro per l'Europa per studiare e cercare di diventare un bravo allenatore. Amantino Mancini studia, cerca di rubare qualche segreto dai grandi tecnici dopo l'esperienza di sole tre partite alla guida del Foggia, la scorsa stagione. Il brasiliano, esterno della Roma dal 2003 al 2008 e vincitore in giallorosso di due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana, è stato ospite a Casa Sky Sport. Ecco le sue parole.

Da dove arriva il soprannome “Mancini”?
“Mancinho significa mansueto. Io non piangevo mai, mio fratello era il gordo, il cicciottello. Piano piano, quando ho iniziato a giocare in Brasile, andai a Belo Horizonte dove l’allenatore diceva che mancinho fosse troppo dolce, quindi sono diventato Mancini”.

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Ora è più mansueto?
“Più diventi vecchio e i più sei tranquillo. Prima ero più agitato, da allenatore devi essere più calmo”.

Quante volte ha rivisto il gol alla Lazio?
“Tante, è stato un gol importante, il primo in Italia. Poi nel derby…”

Lei era sbarcato in Italia giocando nel Venezia. Quell’avventura è surreale, in B ha giocato meno che in A. Può darsi che fosse talmente forte che faceva fatica in un calcio minore?
“Può darsi. Però quando uno viene dal Brasile, a gennaio, da 40 gradi a -4 fu molto duro. La Serie B italiana era tutta palla alta, era difficile. Mi ha aiutato molto ad ambientarmi nel calcio italiano, imparare la lingua e capire come funziona. Anche giocando pochissimo, mi è servito tanto per capire. A Roma sono arrivato più maturo, parlando italiano, mi ha aiutato tanto”.

Quanto è stato importante Capello nella responsabilità che le ha dato e che le ha tolto nel dover sostituire Cafu?
“L’arrivo a Roma non è stato facile. Ricordo il primo giorno a Trigoria, Capello mi chiese perché a Venezia non giocassi. Andammo in Austria per la preparazione, dal primo giorno mi ha messo nei titolari e non sono più uscito. Mi ha dato fiducia, io facevo un lavoro eccezionale sul campo. Dovrò ringraziarlo per sempre per la  fiducia che mi ha dato, io da professionista ho sfruttato l’opportunità, nella prima stagione feci 8 gol e più di 15 assist, un inizio molto importante”.

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Da sconosciuto era diventato uno dei giocatori più importanti, fino alla notte di Lione.
“È stata una notte splendida, un gol meraviglioso, il Lione aveva una squadra molto forte e l’abbiamo battuta. Ricordo la gara di andata, facemmo 0-0 e fummo sfortunati. A Lione una serata fantastica. In quel periodo lì eravamo forti, giocavamo a memoria, Spalletti era un allenatore eccezionale, uno dei più forti che ho avuto. Voglio prendere un po’ di esempio da lui, non voglio copiarlo, per me lui è stato un grandissimo”.

È vero che Capello avrebbe voluto portarla alla Juventus?
“Sì, dopo il primo anno”.

Ci sarebbe andato?
“No, perché era la prima stagione con la Roma e volevo sfruttare il momento, il primo anno bellissimo”.

Com’era giocare con Cassano? È stato lui il più forte con cui ha giocato?
“Cassano è un giocatore eccezionale, con incredibile qualità. Ho giocato con calciatori fortissimi, ma Cassano era un fuoriclasse. Con un cervello più equilibrato sarebbe stato ancora più forte”.

Come mai non è stato riscattato dal Milan?
“Non giocavo da tanto, al Milan feci 3 partite prima di infortunarmi. Quasi due mesi e mezzo fermo per un problema al flessore, poi finì il prestito”.

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Com’è stata la sua parentesi milanese?
“L’Inter al primo anno andò bene, giocavo. Poi cambiò sistema Mourinho e mi tolse. L’Inter è una società importantissima, la ringrazio, mi voleva tantissimo. Una squadra magari fa benissimo, poi non riesce a giocare, in quel periodo magari non stavo bene. Non è sempre colpa dell’allenatore, magari non stavo al top io in quel periodo. Un’esperienza unica con due grandi club, ringrazio Milan e Inter”.

Vuole prendere esempio da Spalletti a livello tattico o caratteriale?
“Luciano lo vedo più sul discorso tattico, è veramente bravo, ti insegna il calcio, ti fa capire un sacco di cose. Durante gli allenamenti ti prendeva per il braccio e ti insegnava i movimenti. Voglio copiare questo di Luciano, sul campo è il numero 1”.

Di Capello cosa prenderebbe?
“Lui è un generale, lo rispettavano tutti. Teneva sempre la linea. La sua presenza era molto importante”.

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