Un altro americano a Roma

Un altro americano a Roma© ANSA
Ivan Zazzaroni
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«Se Friedkin avesse i soldi…» e «Roma, ti lascio, ma solo in mani sicure» sono i passaggi volutamente provocatori dell’intervista che James Pallotta ha concesso lunedì a se stesso, nel senso che le domande gliele ha poste l’ottimo collaboratore Paul Rogers, chief strategy officer del club: nella Romamericana, come in altre società internazionalizzatesi, i ruoli sono declinati obbligatoriamente in inglese. Fa più fico.
Pallotta, si sa, detesta i giornalisti, ad alcuni, i più insistenti, invia anche messaggi minacciosi: “war”, “bullshit”, “fake news”. Lui è un tipo cazzuto, battagliero, al punto che perfino nell’attuale condizione di “cornered” (spalle al muro) trova la forza di contrattaccare con energia. L’articolo pubblicato il 13 giugno dal Financial Times - “Owners of AS Roma seek new buyers after collapse of 750m sale”, i proprietari della Roma cercano nuovi compratori dopo il fallimento della vendita da 750 milioni -, fi rmato da Arash Massoudi, James Fontanella-Khan, Murad Ahmed e Samuel Agini, deve averlo mandato in bestia spingendolo a intervenire pubblicamente. Per vostra informazione, ad eccezione di Agini, gli altri tre non sono giornalisti sportivi: Massoudi si occupa di economia dello sport, Fontanella-Khan è esperto di fusioni e acquisizioni, Ahmed di finanza e altro. Dicevo delle frasi “hot”: dubitare dell’effettiva disponibilità finanziaria di Dan Friedkin, mister five billions, 5 miliardi, uno degli uomini più ricchi del mondo, è quantomeno inelegante e aggiungere di voler lasciare la Roma solo in mani sicure, addirittura offensivo.


Pallotta non torna a Roma da due anni: preferisce evitare dissenso e contestazioni, e lo posso comprendere; negli anni della gestione in solitario ha ricapitalizzato più volte ma in primo luogo ha obbligato i suoi dirigenti (Sabatini, Monchi, Petrachi) ai salti mortali impoverendo gradualmente la squadra attraverso cessioni tecnicamente inaccettabili. Ma questa è una storia che conosciamo alla perfezione. Nessuno può imporre al proprietario di un bene di vendere: suggerirgli tuttavia di non prendere per i fondelli i tifosi-clienti è però consentito. Il virus ha accentuato la crisi finanziaria di molte società, tra queste la Roma, che non potendo investire, può soltanto tentare di non disinvestire trattenendo i suoi tre valori più alti, Dzeko (stipendio da 15 milioni lordi), Zaniolo e Pellegrini. Confesso che parlando di Pallotta e del suo mondo l’umile cronista gode (o soffre) di attacchi estatici, si trova proiettato a Wall Street, sente squillare la campanella che esaltava Serafino Ferruzzi, un sogno... Il risveglio tuttavia è patetico, perché il borioso personaggio ha sgonfiato un mito del calcio, una Roma ch’era grande anche nella miseria del Sistina, grande anche quando a Fra’ je serviva ‘na lira e arrivava Viola, grande anche nella stagione teatrale del Sor Peppino, e di Sensi strappacore. Grande nell’Amore di Albertone che almeno, prima di lasciarci, non ha visto l’ultima comparsata dell’Americano a Roma.
PS. Ogni volta che la Roma va in difficoltà rispunta il nome di Franco Baldini e non è carino: lui - ripete sempre - si occupa di investitori, di ristorazione e di caffé in Sudafrica, perché importunarlo con illazioni e deduzioni?


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