Petrachi è durato alla Roma come un gatto sul GRA

Petrachi è durato alla Roma come un gatto sul GRA© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
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La Roma non conosceva Petrachi e Petrachi non conosceva questa Roma. Ho conservato un messaggio che gli inviai il 12 luglio scorso - era responsabile dell’area tecnica da poche settimane -, un sms quasi profetico: «Gianluca, sei entrato in un mondo che ha divorato Sabatini, Monchi e altri. Un mondo che presto conoscerai meglio, nel quale ogni elemento difende la propria posizione». La mia era una risposta e alimentò un lungo scambio di battute: per rispetto e urgenza di correttezza, non è il caso che divulghi il resto. Petrachi mi rimproverava di aver scritto cose inesatte sull’influenza e sul peso “politico” di Franco Baldini nella Roma, le sue frasi erano un mix di affettuosità e “inviti”: rivendicava con la consueta, energica eleganza la titolarità delle scelte di mercato sottolineando un’improbabile autonomia. Improbabile poiché nella Roma di Pallotta l’autonomia ha una scadenza determinata dai risultati tecnici ed economici.

Gianluca Petrachi ha 51 anni, è un salentino severo e fin troppo diretto, da sempre amico di altri due leccesi, Antonio Conte e Daniele Faggiano: ha fatto ottime cose al Toro, ma la decima e ultima stagione l’ha vissuta da separato in casa in aperto contrasto col presidente Cairo. Da mesi i giornali parlavano di freddezza nei rapporti tra lui e la Roma anticipando la possibile rottura che è avvenuta ieri attraverso la sua sospensione e la conseguente promozione di Morgan De Sanctis.

Guido Fienga ha voluto interrompere bruscamente il circuito delle incomprensioni. Due le gocce che avrebbero fatto traboccare un vaso fin troppo colmo: l’inspiegabile assenza di Petrachi nel periodo del lockdown e il famoso sms offensivo inviato a Pallotta. La Roma riassume in sé tutti i caratteri della politica: ha un governo e un’opposizione e, a seconda dei momenti, dei risultati e dell’umore del presidente, le parti si scambiano i ruoli: l’opposizione sale al governo e il governo scende all’opposizione.

Quasi impossibile trovare una continuità accettabile nelle posizioni intermedie: il solo Sabatini ci riuscì, pur subendo attacchi mediatici di ogni genere, e sempre grazie ai risultati. Alla fine, anche su di lui, calò la mannaia bostoniana. Quale futuro si prospetta ora per la Roma? Il sogno, coltivato anche da alcuni interni, è un nuovo, radicale, stimolante inizio con Dan Friedkin. Se la società dovesse invece rimanere ostaggio di Pallotta, apriti cielo: mi viene in mente la frase pronunciata da Michael Douglas “Gordon Gekko” in “Wall Streeet”: «greed is good», l’avidità è giusta. La battuta si adatta perfettamente a Pallotta, ma trascina nell’abisso la Roma a cui non serve un presidente che, guardando solo alle proprie tasche, è disposto a sacrificare il futuro della squadra negandole il sostegno finanziario e il talento per sopravvivere.

Alla Roma Petrachi è durato un anno meno una settimana. Come un gatto sul G.R.A.. L’aggiungo al voluminoso album di famiglia che raccoglie personaggi illustri e meschini, i cui nomi sono spesso accompagnati da giudizi amorosi e severissimi degni d’apparire appesi al collo del romanissimo Pasquino in via del Governo Vecchio. Profetico, Vincenzo Cerami scrisse la sua Pasquinata adattabile alla Maggica: «Povera Roma mia de travertino/ te sei vestita tutta de cartone/pe’ fatte rimira’ da ‘n imbianchino/venuto da padrone!».


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