Roma, un copione che va cambiato

Roma, un copione che va cambiato© EPA
Giancarlo Dotto
4 min

Le buone notizie muoiono al tramonto. Mettiamola così, è disabituato da un pezzo il tifoso romanista e riceverne due nell’arco di ventiquattr’ore sarebbe stato troppo. Non ha più gli enzimi della felicità. Altro buon esercizio per metabolizzare una sconfitta troppo brutale: considerare questo tracollo di Duisburg come la sintesi odiosamente esemplare dell’era pallottiana, nove anni di episodici piaceri, ma nessun orgasmo vero, nessun titolo, nessun benessere durevole. Solo cose sfiorate, annusate, ma mai al punto di portarsi dietro almeno il languore di un rimpianto. Anche il modo deprimente con cui il Siviglia ti sbatte fuori dall’Europa, senza mai l’idea che tu possa farcela, è l’ennesimo capitolo della deriva bostoniana, al netto della disfatta fisica, mentale e tecnica. Una società che riesce a portarsi a casa un giocatore fondamentale, lo tiene per tutto il tempo del superfluo e lo perde quando arriva l’essenziale, la partita più importante della stagione. Più che una partita, un’esemplare lezione didattica sull’importanza di Smalling per questa Roma, in questa Roma. Non essere mai puntuale negli appuntamenti che contano, altro canone della Roma pallottiana. Aggiungo il portiere. Una squadra che ha avuto Alisson e Szczesny, affronta la sua ultima chance di vincere qualcosa con un portiere che non ha corpo. Se lo ha, è pieno di buchi. Pau Lopez è costato tre volte Alisson, ma sembrano due mestieri diversi. Tremebondo, meschino, la sfera con lui diventa una pallina da tennis, lo attraversa sempre. Ha sbagliato Fonseca nel non trarre facili conseguenze. Mirante è un portiere, Pau Lopez forse lo è stato. Doveva essere la revanche su Monchi e la sua fuga da Roma. Non lo è stata. L’unica buona notizia, la mezz’ora scarsa di Villar, talento vero.

Finisce come doveva finire. L’ultima pagina non diversa dalla prima. Bye Bye, James Pallotta è il passato. Dan Friedkin, il presente. Il sogno americano cambia faccia, cambia protagonista, speriamo cambi copione. Farà bene il tifoso a non illudersi sull’avvento del Paperone salvifico, ma le premesse sono buone, a partire dal cognome, lo stesso di William, il regista de “L’esorcista”. Due differenze significative con Pallotta: ha dimostrato di volere fortissimamente la Roma e il cuore del suo business ha a che fare con lo spettacolo, tra terra e cielo. Lui e la sua emanazione, il figlio Ryan, piume delle sue piume, dollari dei suoi dollari. Abbiamo voglia di loro. Deluderci una volta di più non sarebbe elegante. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA