Roma, ma Dzeko dov'è finito?

Roma, ma Dzeko dov'è finito?© LAPRESSE
Giancarlo Dotto
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Prima vittoria di Dan e Ryan, evviva! Ma, prima ancora della prima, lo scrivo subito e l’avrei scritto, giuro sulle mie pupille, anche senza quella sua abbacinante perla, primo gol da romanista: Pedro alias Pedrito farà innamorare perdutamente i tifosi della Roma, come non capitava da anni. Giocatore sensazionale, nel senso che smuove sensazioni, tra Dominguin, Fred Astaire e Houdinì. Punto, tacco, veroniche. Palla c’è, palla non c’è. Nel primo tempo una sua finta danzata dal nulla aveva strappato la meraviglia dei mille al “Friuli” oltre che mandare al manicomio il dirimpettaio di turno. Il suo primo gol da giallorosso gli era stato negato cinque minuti prima da uno stordito Pellegrini finito nella traiettoria sbagliata.

Buone notizie. I tre punti in tasca e i due Friedkin in tribuna a Udine, mascherati ma presenti e chissà cosa cova sotto la maschera. Di sicuro ci sono, di sicuro studiano, di sicuro sceglieranno. Cattive notizie. Si voleva continuità dopo la Juve e continuità c’è stata, nel bene e nel male, capacità fare la partita, ma incapacità di tradurre il dominio in numeri. Nel giorno in cui Mirante il Muro, Veretout il Furore, Ibañez la Sfrontatezza, Spinazzola il Vento, paranti e imperversanti ovunque, si confermano i quattro pezzi da novanta anche se non così strombazzati della Roma di Fonseca (necessaria anche se non scontata la scelta del portiere) e tengono viva la squadra sotto assedio, al fondo di una partita bella adrenalitica, la cattivissima notizia è il peggior Edin Dzeko da mesi in qua.

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Un giocatore rimasto in mezzo al guado, svogliato, molle e balbuziente. In pratica il tappo davanti di una Roma partita molto forte sia nel primo che nel secondo tempo. Il ragazzo, lo conosciamo bene, è molto sintomatico. È il limite che probabilmente gli ha impedito di essere un grande ma non un grandissimo. Quando la testa non è libera, quando l’umore sprofonda, non sa mettere in maschera, le sue partite confessano tutto. Al di là della recidiva da “divoratore” di gol, un’evanescenza in campo ancora più irritante per quella fascia che porta al braccio. Se questo è Dzeko, se il malessere si fa stabile, c’è questo brandello di mercato per rimediare. Nel giorno in cui c’è l’addio forse maturo ma non sufficientemente rimpianto di uno come Perotti, la banda degli ultimi anni si estingue e, perso anche Kolarov, la Roma non può permettersi il lusso di un Dzeko che lascia a Roma la sua controfigura.


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