Castan: "Ringrazierò la Roma per sempre, mi ha protetto nel periodo più difficile"

Il brasiliano: "Poteva essere tutt’altra storia, ma ho combattuto con un nemico più forte di me”
TOP -  Castan© Bartoletti
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ROMALeandro Castan con la Roma era stato all’apice della sua carriera. Cardine indiscutibile di una squadra da 85 punti che aveva subito 25 gol in un campionato di 38 partite. Talmente forte da rinnovare un contratto stipulato solo due anni prima. Poi il cavernoma che si manifestò dopo un Empoli-Roma del 2014 e la lunga riabilitazione: “Ma con la Roma sarebbe potuta essere tutt’altra storia, ma ho combattuto contro un nemico più forte di me…”, ha dichiarato Castan al sito della Roma. 

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Empoli, 2014, stadio Castellani. Che giornata ricorda?
“La posso definire l’ultima partita “vera” giocata con la maglia della Roma. Scesi in campo il primo tempo, passammo pure in vantaggio con un tiro di Nainggolan e quello fu il gol vittoria. Io venni cambiato nell’intervallo, ricordo pure di aver rilasciato un’intervista flash prima di rientrare negli spogliatoi. Dopo un po’ sono iniziati i problemi”.

Racconti.
“Giramenti di testa, malessere diffuso. I medici mi portarono in ospedale per capire di che cosa si trattava. La diagnosi fu impietosa. Un cavernoma cerebrale. In quel momento mi sono sentito perso, scoraggiato, non sapevo che pensare, cosa fare. Tutto all’improvviso, anche se forse un’avvisaglia l’avevo già avuta in precedenza”.

Ovvero?
“Ripensai a dei dolori alla gamba molto strani che avvertii durante la tournée negli Stati Uniti nell’estate stessa. Fu un fatto strano perché io difficilmente riportavo problemi muscolari. I dottori mi dissero che non c’era correlazione con quello che era successo dopo. Senza dubbio quello è stato il periodo più difficile della mia vita. Lì ci ha pensato la Roma, mi ha protetto, preservato, dandomi tutto il tempo per tornare in campo e fornendomi tutti gli strumenti per curarmi. Un comportamento da grande società”.

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A cui è rimasto molto legato.
“Ringrazierò sempre la Roma. Quando Sabatini mi prese dal Corinthians ero un ragazzo fortunato, con tanti sogni nel cassetto realizzati, da calciatore professionista. Avevo vinto il campionato in Brasile, la Libertadores, poi è arrivata la chiamata della Selecao. Dopo il primo anno di adattamento nella Roma, il secondo anno con Benatia siamo stati la coppia centrale di difesa tra le prime tre in Europa. Ho fatto di tutto per tornare quello della stagione 2013-14, veramente ogni cosa, ma non è stato possibile”.

Però nell’anno successivo all’infortunio qualche partita in giallorosso la giocò.
“Ne feci 5 sempre con il mister Garcia, alcune giocate benino. Poi quando arrivò Spalletti dichiarò in conferenza stampa che avrebbe puntato su di me e mi schierò al centro della difesa nella gara contro il Verona. Quella partita andò malissimo a livello personale. Pareggiammo. Dopo quel match Luciano mi parlò e mi disse che non sarei stato titolare nelle occasioni future. Non giocai più con la Roma”.

È arrabbiato con Spalletti?
“Guardi, io ho il mio modo di vivere. Non porto i sentimenti maturati nel posto di lavoro nella mia vita. Non provo rancore mai per nessuno. E non l’ho fatto nemmeno con lui. Ho rispettato la sua scelta da professionista, sapendo che lui in quel momento doveva prendere delle decisioni per il bene della Roma. È un lavoro e in un posto di lavoro possono capitare cose di questo tipo”.

Vi siete più parlati successivamente?
“Quando nel 2017-18 sono passato al Cagliari e lui era andato all’Inter, ci intrattenemmo prima della partita a parlare lì sul terremo di gioco. E ci chiarimmo senza problemi”.

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Nel 2016-17 andò in prestito al Torino. In quella circostanza incrociò la Roma da avversario per la prima volta.
“All’andata, sì. Vincemmo e il Toro non batteva la Roma in casa da tanto tempo. In quella giornata avevo uno stato d’animo contrastante. Da un lato ero contento di incontrare la mia ex squadra e di salutare i compagni, dall’altro volevo dimostrare che avevano sbagliato a cedermi. Quel giorno andò bene, successivamente andai incontro ad alcuni problemi fisici e con il Torino finì presto”.

In quella partita Totti segnò il gol della bandiera, il suo ultimo in Serie A. il numero 250.
“Ricordo bene, su rigore. Lui e De Rossi sono stati compagni ideali di spogliatoio. E un grande onore poter giocare al loro fianco. Due ragazzi diversi, che rappresentano una squadra, la città. Quando li nomini, pensi alla Roma”.

Arriviamo a oggi. Qualche tempo fa lei è risultato positivo al Covid.
“Sì, ma sono stato asintomatico. Dunque, resto con la guardia alta. Quando si è asintomatici, dicono che l’immunità non sia garantita. Almeno è quello che sostengono in Brasile gli esperti. Qui la situazione è complicata. Il governo ha aperto tutto per un periodo. C’è tanta gente che soffre. La speranza è che con l’inizio del prossimo anno e l’arrivo del vaccino – in aprile, qui – tutto diventi un brutto ricordo”.

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Come ha trascorso questo periodo di chiusure e limitazioni?
“A casa, in tranquillità con la mia famiglia. Il mio giardino è uno spazio ampio, mi ha permesso di allenarmi. È stato difficile. Ma anche adesso è complicato. Io, ad esempio, non vedo i miei genitori da un anno. Mio padre è un soggetto a rischio. Io lavoro, faccio gli allenamenti, giro, ho paura di passargli qualche cosa. Ed evito di incontrarlo. Loro sono a San Paolo, io a Rio de Janeiro, siamo lontani circa 700 chilometri. Papà lo vedevo sempre quando giocavo nella Roma, ogni giorno era con me. Ma quel periodo così bello non tornerà più”.


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