Roma, rilancio e mercato mirato: il piano dei Friedkin

No alle cessioni dei big e controllo su ogni operazione, da valutare in base alle urgenze tecniche della rosa
Ryan Friedkin è diventato nel 17 agosto 2020 il vicepresidente della Roma© LAPRESSE
Roberto Maida
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Non fermatevi alle apparenze, perché la sostanza c’è. Sarebbe bello poterla conoscere in presa diretta, ascoltando le voci e osservando le espressioni dei Friedkin. Ma aspettando comunicazioni ufficiali, che non ci sono state dai giorni dell’insediamento alla Roma con un messaggio alla nazione, emerge un elemento fondante della strategia familiare: chiusa la stagione delle plusvalenze, comincia l’era degli investimenti. Le due cose non sono necessariamente in contraddizione, perché anche Marquinhos pagato due soldi e rivenduto a 8 volte tanto dopo un anno rappresenta in senso finanziario un investimento. Ma nel calcio non contano solo i soldi. Conta l’arricchimento patrimoniale ed emotivo costituito da un bene che resiste all’usura del tempo. Da qui la logica di medio-lungo periodo enunciata anche da Tiago Pinto: la nuova Roma non si lascia strangolare dal suo collier di diamanti. In altre parole non venderà i migliori calciatori: non Pellegrini, al quale presto verrà rifatto il contratto, non Zaniolo, non Mancini, probabilmente nemmeno Veretout e Diawara che hanno offerte allettanti. Semaforo rosso.

Stretto controllo sul mercato

Non solo. Dan e Ryan, padre e figlio, vogliono seguire da vicino ogni trattativa, ogni operazione, per abbattere gli sprechi (commissioni esagerate) e autorizzare le richieste di potenziamento provenienti dall’area tecnica. Una per uno. Ogni affare avrà il suo budget, da valutare e condividere. E niente potrà avvenire fuori dal controllo della proprietà. Serve un portiere, ad esempio: via allo screening dei papabili, con l’algoritmo e anche senza. Se ci sarà da fare una spesa che comporta un indebitamento, verrà discussa. Purché sia sostenibile. Esempio: se Musso, classe ‘94, venisse giudicato il portiere giusto per i prossimi 5 anni, non sarebbe un problema accontentare le richieste dell’Udinese e dello stesso giocatore. Per altri profili, ad esempio i calciatori che hanno passato i 30, non succederà niente di simile. Il caso Smalling è un’eccezione determinata dal momento - i Friedkin si erano appena insediati - e dalla necessità impellente di un difensore che sistemasse il reparto.

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