Mourinho, adesso tocca a te

Mourinho, adesso tocca a te© Getty Images
Marco Evangelisti
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Certe cose sono come i demoni dei film dell’orrore. Basta nominarle per vedersele piombare addosso a mannaia. Era stato Mourinho, del quale la parlantina senza argini continua a essere l’inimitabile pregio e insieme il più profondo difetto, a evocare l’arrivo imminente dell’inverno, perché prima o poi l’inverno arriva dovunque, tranne forse in California. Sarebbe stato quello il momento in cui la Roma avrebbe scoperto sé stessa e sarebbe stata giudicata per la determinazione con la quale riesce a guardare nel buio senza scomporsi.

Ebbene, quel momento è arrivato, e supponiamo prima di quanto lo stesso Mourinho prevedesse. A Verona, che come lo scorso anno infligge un handicap iniziale alla classifica dei giallorossi. E dove si è rivelato sufficiente ringraziare Di Francesco e insediare Tudor per vedere un’idea astratta trasformarsi in una concreta squadra di calcio, con tutto il corredo di scambi veloci, attacchi all’impostazione avversaria, ricerca insistita del duello individuale, inserimenti rapidi in avanti, ordine e compattezza all’indietro. Tanto è bastato per aggrovigliare la Roma in un confuso gomitolo di ottime intenzioni e pessimi risultati pratici, da cui non è mai uscito un tessuto di gioco sensato: solo un feltro di lanci lunghi, la maggior parte dei quali senza meta, e qualche eccellente iniziativa dei vari talenti. Diversi piuttosto appesantiti da una serie continuata di partite messe in fila con sprezzo del pericolo.

Bene per il Verona, peccato per la Roma e per Lorenzo Pellegrini. Fosse finita diversamente saremmo qui a scrivere del tacco incantato sotto l’acqua che andava trasformandosi in grandine, andando a pescare confronti in storica libertà con Falcao e Totti, cantando del gol più bello di un tardo pomeriggio di gol bellissimi, parecchi dei quali peraltro di pura estrazione romanesca (Caprari, Faraoni). Invece adesso bisogna chiedere a Mourinho di passare in fretta dalla gestione di una tranquilla felicità all’intervento immediato su una ferita all’orgoglio. Si accorgerà di quanto è difficile, in una squadra che tende a ingigantire i propri dubbi e ad annacquare gli entusiasmi in un’eterna penitenza.

Del resto lo hanno preso per questo. Perché lo considerano un generale capace di trascinare la truppa in territorio ostile evitando che il coraggio venga meno, ma anche e soprattutto un allenatore in grado di rimediare ai limiti di una formazione alla quale continua a mancare pulizia e qualità nell’uscita del pallone. In attesa che Zaniolo ritrovi i poteri cosmici, la Roma non può che affidarsi alla sapienza di Mourinho e alla classe ormai ampiamente dimostrata di Pellegrini. C’è un’altra giornata per rivalutare il prossimo derby, che non merita d’essere malinconico.

 


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