La Roma fuori dalla Borsa: perché i tifosi devono sperare nel delisting

I Friedkin sono vicini all’obiettivo. Ecco i motivi che spingono i proprietari del club a ritirare le azioni dal listino
La Roma fuori dalla Borsa: perché i tifosi devono sperare nel delisting© ANSA
Alessandro F. Giudice
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A una settimana dalla conclusione dell’OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) sulle azioni della Roma, il gruppo Friedkin è vicinissimo all’obiettivo del 95% che consentirebbe il “delisting” cioè il ritiro dei titoli dal listino di borsa. Dovrebbe così concludersi una storia non coronata da successo: collocati nel 2000 a 5,50 euro, i titoli avevano già perso il 78% dopo appena un anno e mezzo. Per volume di scambi, flottante e significatività dei prezzi, la presenza della Roma a Piazza Affari è ormai simbolica. Più in generale, pare tramontata l’era dei club quotati che sembrava destinata, vent’anni fa, a diventare la nuova frontiera finanziaria del calcio. In Italia restano sui listini Juve e Lazio, all’estero solo Ajax, Dortmund, Porto, Lione, Man United, Besiktas e pochi altri club europei mentre non risultano progetti di quotazione in corso.

Con il delisting la Roma risparmierà un po’ di costi per adempimenti richiesti dallo status di quotata ma soprattutto acquisirà snellezza operativa nelle decisioni e capacità di finanziare il club con più flessibilità e meno vincoli.
Una ragione fondamentale rende meno convincente la presenza in Borsa: molti club sono in perdita ed è giusto che gli azionisti di controllo sostengano gli sforzi necessari al riequilibrio finanziario. Condividere coi piccoli azionisti ingenti aumenti di capitale per coprire disavanzi di bilancio strutturali non è logico sul piano finanziario. La Borsa serve a raccogliere capitali su un progetto di cui si condividono rischi ma anche risultati. Una quotata deve prospettare agli azionisti una remunerazione del rischio, soprattutto quando si tratta in larga parte di investitori individuali, per giunta tifosi attratti da un legame affettivo che attenua la percezione del rischio.

La Roma non ha ancora completato il percorso di riequilibrio finanziario e Friedkin non ha ancora finito di investire, anzi si parla di un imminente aumento di capitale. Nonostante le iniezioni profuse il patrimonio netto è negativo, sia a livello di gruppo che di capogruppo. La legislazione d’urgenza emanata per sorreggere le aziende italiane nell’emergenza Covid ha legittimato la pratica (di cui la Roma, come altri club, si è avvalsa) di rinviare al 2026 la copertura delle perdite ma il bilancio in chiusura al 30 giugno preannuncia una nuova perdita a tre cifre. In tale scenario, con l’azionista di controllo pronto a mettere nuovamente mano al portafoglio, pare un atto di equità sgravare i piccoli azionisti da ulteriori sacrifici.


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